lunedì 24 dicembre 2007

auguri

"Si vedranno in fondo gli alberi d'un viale, con le lampade elettricheche traspariranno di tra le foglie. Ai due lati, le ultime case d'unavia che immette in quel viale. Nelle case a sinistra sarà un misero Caffènotturno con tavolini e seggiole sul marciapiede. Davanti alle case didestra, un lampione acceso. Allo spigolo dell'ultima casa a sinistra,che farà cantone sul viale, un fanale anch'esso acceso. Sarà passata dapoco la mezzanotte. S'udrà da lontano, a intervalli, il suonotitillante d'un mandolino."
da "L'uomo dal fiore in bocca" di Luigi Pirandello

Auguri e buone feste a tutti da noi di "diaframmi-crotone"

sabato 22 dicembre 2007

ieri oggi domani #3

Diario di un viaggio in solitaria

Sono tanti anni che viaggio. Ogni volta che devo mettermi in macchina per tornare a casa è obbligatoria la preghiera: Signore fa che stavolta non trovi traffico.

Il senso dell’umorismo di Dio deve essere proporzionale alla sua grandezza, perché, puntualmente, il traffico lo becco sempre allo stesso chilometro della stessa strada, qualunque sia l’ora e il giorno che scelgo per partire.
Penso, ripenso, mi informo sulle condizioni e previsioni del traffico, del tempo e dello stato di salute della mia pazienza. Decido. Parto alle ore tot del giorno tot. Si chiama partenza intelligente.
Confesso. Al solito chilometro della solita strada mi sento molto stupido. Sempre. La prossima volta voglio telefonare prima a quell’imbecille che se n’è strafregato della partenza intelligente e si è fatto il più bel viaggio della sua vita.
Ma non è tutto da buttare.
Per esempio, mia Madre mi ha regalato il classico Santino con scritto: Vai piano. Beh!! Funziona. Anche se, in un momento di eccessivo stress da coda chilometrica sulla A3, l’ho riposto nel porta oggetti del cruscotto.
Mi è capitato anche di fare amicizia. Una coppia siciliana, in viaggio da Milano e diretta a Caltanissetta. Un ragazzo di Reggio, studente a Firenze e una bellissima ragazza di Matera, che sento ancora per telefono ogni tanto. L’ultima volta mi ha invitato al suo matrimonio. Ho risposto: verrò volentieri se posso. Non credo che potrò.
Se devi andare in bagno sei fregato. Io sono timido, non riesco a fermarmi sulla piazzola di sosta, scendere dalla macchina, spostarmi sul lato passeggeri e con aria indifferente, fischiettando mentre guardi la fila infinita delle auto ferme, dare libero e giustificato sfogo ai biologici bisogni. Però l’avventura in coda, se hai tanto bisogno e proprio quel giorno un contadino ha deciso di irrigare il suo campo, vi posso assicurare che fa cadere ogni tipo di pubblico pudore.
Finito il credito sul telefono, se non chiacchieri con qualcuno nell’auto accanto, ti rimane la musica. Vietato, però, ascoltare cantautori ironici. Quelli, insomma, che ti fanno ridere. Perché sei sempre osservato e se ti vedono ridere da solo o fai finta di parlare al telefono o sei spacciato, per il resto delle persone in coda lo stress ti ha fuso il cervello.
Il caffè è meglio se te lo porti da casa. Non conviene fermarsi per un caffè in un area di servizio perché è come trovarsi in mezzo alla Piazza Rossa durante la rivoluzione d’Ottobre.
Quando poi, finalmente, pensi di essere arrivato, ecco la ciliegina. Un tir la cui dimensione, dopo tante ore di coda, si triplica ai tuoi occhi è proprio davanti a te. Sulla SS 106 Jonica è quasi impossibile superare una bicicletta, figuriamoci un ciclopico tir.
Un’altra conferma che il Santino funziona anche se è chiuso nel porta oggetti.
Ma alla fine sei a casa e, a parte un po’ di stanchezza, stai bene e alla coda non ci pensi più. Fino al prossimo viaggio.

Enzo Dattolo

martedì 18 dicembre 2007

Eppur si muove #1

Scarsa consapevolezza del valore sociale e totale assenza di fruizione o valorizzazione sono alcuni dei punti che facilmente si scorgono tra le righe dei precedenti post, riguardo al patrimnio storico-archeologico-artistico e naturalistico della nostra Provincia.
Queste, alcune delle peggiori pecche da addurre alla nostra realtá e per cui rammaricarsi dato che nulla o quasi niente é stato mai fatto per rendere vivibile in piena coscienza e conoscienza questo tesoro che possediamo per noi persone in loco, a cui associare, allo stesso tempo, l’incapacitá di „saperlo vendere”a chi é fuori.
Anche di questo abbiamo discusso io e Giampiero con il sottosegretario ai Beni Culturali Danielle Mazzonis, entusiasta della nostra Regione, incontrata la scorsa settimana a Kr in merito alla presentazione di Maratonarte, manifestazione ideata dallo stesso Ministero per i Beni e le attivitá culturali, con l’obiettivo prioritario di riaffermare con forza il principio che il patrimonio culturale é un bene publico e dunque di tutti.



Il progetto prevede il restauro di 7 siti, in sette Regioni diverse, luoghi storici e paesaggistici incredibili, ma dimenticati che meritano di essere rivitalizzati e restituiti a chi é giusto che li viva fino in fondo: tutti noi. E con una maratona televisiva di raccolta fondi si é cercato di coinvolgere da un lato la gente attraverso donazioni simboliche mirate piú che altro a far conoscere quei posti e dall’altro a diffondere una cultura nuova soprattutto tra i giovani, portando nelle scuole secondarie di secondo grado filmati per spronarli in spunti e suggerimenti.
In questo grande circuito fatto di scelte che arrivano dall’alto peró entra in gioco altro. Si sará capaci, a partire dalle istituzioni locali, di attivare quanto necessario per far partire la grande macchina di progettazione che fará ricadere su ció che noi proponiamo l’attenzione e la convinzione di chi scegli queste siti?
Ecco perché per quanto questa grande iniziativa possa essere utile e importante non é necessario starcene con le mani in mano ad aspettare che i miracoli arrivini sempre dall’alto, creiamoceli con le nostre mani, cerchiamo di essere artefici del cambiamento della nostra realtá, basta molto poco e lo dimostrano i nostri amici di Castrovillari con la loro iniziativa "arteinsalvo".



(Vai al progetto "arteinsalvo"---)


Per cui ora a noi la parola. Scegliamo nel nostro piccolo il primo luogo da far rinascere e agiamo.

Maria Angela Pugliano

martedì 11 dicembre 2007

racconti di strada #5

SANTA SEVERINA, UNA PERLA DI SPERANZA.

Siberene, questo è l’antico nome di Santa Severina, dato probabilmente dagli Enotri, un antico popolo italico.
Santa Severina, cosi chiamarono i Bizantini lo splendido scoglio, con meno di tremila anime, situato al centro della valle del Neto.
E’ Bizantina l’origine più recente del borgo. Testimonianza ne sono lo splendido Battistero, un vero e proprio gioiello di architettura bizantina e la chiesa di Santa Filomena.
Immersa tra le splendide montagne delle Sila e lo splendido Mar Ionio, tra le colline, sorge Santa Severina, questa perla classificata tra i cento borghi più belli d’Italia.
La nave di pietra: così la chiama oggi la gente del posto, orgogliosa, quasi fino alla superbia, di quel capolavoro artistico che ammirano tutti i giorni al loro risveglio.
Tra le mura, sorge dominante il sontuoso e fiabesco Castello, dove il tempo sembra fermarsi ogni qualvolta ci si ferma ad osservarlo e a visitarlo. Sembra quasi sentire le melodie normanne fargli da cornice.


Qui, le antiche leggende sul re normanno Roberto il Guiscardo sembrano quasi attuali.
Furono i Normanni a crearlo e in seguito lo continuarono gli Svevi, prima dell’approdo di Angioini ed Aragonesi. Dopo, fu abitato da potenti famiglie quali i Ruffo i Carafa e i Grutther.
Il Castello, in cui leggende di fantasmi si intrecciano alla realtà, rappresenta senza dubbio il cuore di questa rocca che, osservata da lontano, sembra non avere accesso.
La sua inespugnabilità e la sua resistenza ai devastanti terremoti lo mantengono affascinante.
E sembra che questa inespugnabilità abbia avuto la meglio anche sui tentacoli della ‘ndrangheta, purtroppo onnipresente nel crotonese.
Di fronte, la splendida Cattedrale a tre navate risalente al XII secolo.

Tutto racchiuso nella splendida Piazza, un vero e proprio salotto, da cartolina, anzi, da quadro.


Lo splendido scenario storico-artistico fa da cornice a storie di tutti i giorni.
Storie di giovani che partono e non ritornano mai più, storie di gente che resta, di persone che emigrano e poi ritornano con la speranza di cambiare qualcosa. Storie di persone semplici che vedono la Piazza il centro del mondo; senza di essa non potrebbero vivere per nessuna ragione.
Quel salotto nominato “Piazza Campo” è il palco di tutte le sensazioni della gente.
Ogni turista deve attraversarla per visitare Castello e Cattedrale.
Capita così, che spesso, soprattutto in estate, si trasformi in un microcosmo in cui si alternano le voci di persone provenienti da ogni parte del mondo. Scene perfette di accoglienza, tolleranza e multiculturalismo.
La Piazza è il centro in cui la gente si ritrova. Qui si discute, si litiga, si suppone, si critica.
Qui si celebrano matrimoni e funerali, manifestazioni di ogni genere, ci si incontra col “fidanzato”.
Qui fanno capolino gli studenti stranieri dell’Aleo e ne restano meravigliati.
Qui si consumano tutte le frizzanti serate d’estate in cui ragazzi e ragazze, di tutte le età, restano in giro fino a tarda notte tra un bicchiere e l’altro.
Qui “Don Arnaldo”, un’icona del paese, scomparso purtroppo qualche tempo fa, raccontava ai giovani simpatici episodi, a volte surreali, dando loro una sorta di educazione alla vita.
Ma la piazza è anche il centro in cui gli anziani passano il loro tempo a raccontarsi la guerra, la campagna e la famiglia. I loro inossidabili punti di vista non hanno tramonto.
E tutto intorno i vicoli, dove ancora si vedono i bambini correre e rincorrersi, in una felice armonia tra gioco e allegria.
A vederli, sento ancora la voce di mia madre che mi chiamava invano, mentre rincorrevo chissà quale destino.
In quei vicoli noi giovani, di una certa generazione, abbiamo appreso i valori più importanti della vita. Lì abbiamo imparato, a vincere, a sognare, a perdere, a rialzarci, a piangere.
Santa Severina, così i Bizantini la chiamarono.
La nave di pietra, così la chiamano oggi gli abitanti del posto.
Una perla di speranza, così la voglio definire io tredici anni dopo averla “abbandonata”.

Francesco Candeliere

venerdì 7 dicembre 2007

interferenze #4

Clandestino

Il sole trepidamente scintillava sull'arcuato collo di salice,
le stelle profumavano l’aria densa d’estate,
io me ne stavo sornione e arguto a macinare carrubbe sull'asfalto sciroccato
e il fatuo canterino del gufo
seguitai a lungo per mari e per monti,
ma non trovai
anima pronta a dedicarmi baci.

Vorrei sfilare il tuo profilo come uno spicchio di uva matura
e levigarti come un marmo bruno,
lì al confine tra cielo e terra sospendere la vita
nell’incanto della memoria e del sogno.

…. Jean

Senza di te

Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.

…. Mia

venerdì 30 novembre 2007

diaframmare con noi #1

Il tempio di Apollo Aleo
Dopo la pubblicazione del Post sui Mercati Saraceni, amici di Cirò Marina hanno voluto inviarci queste foto per far vedere che non tutti i siti storico-archeologici della loro città godono della medesima considerazione.
Questo è il santuario di Apollo Aleo, edificio di culto in stile dorico dell’antichità magno-greca, ascrivibile al V sec. a.c. (pare sia stato distrutto durante la seconda guerra punica e ricostruito di nuovo).
Non tutti i cirotani lo conoscono, anzi i più lo ignorano.
E la vista di totale abbandono che traspare da queste foto non fa altro che portarci a riproporre le solite considerazioni fatte nei post precedenti.
Maria Angela Pugliano

dietro l'angolo #2

C’era una volta….che tristezza iniziare un racconto con le stesse parole che milioni di persone legano alle belle fiabe raccontate dalla mamme o nonne per allietare le notti dei propri figli o nipoti. In quanti alla domanda “ a cosa si può paragonare la libertà?” si è risposto “al mare”. Bene….anzi male!Dovremmo cambiare le nostre immaginazioni perché ci stanno togliendo tutto, anche il mare. E sì, perché da qualche tempo a questa parte sono nati “i padroni del mare e delle spiagge”. Che sofferenza per me percorrere chilometri a nord di Crotone e vedere mare azzurro e spiagge bianche incontaminate senza poterci entrare perché il demanio è diventato dominio da parte di qualcuno di questi signori. Non esistono varchi liberi per godersi quelle bellezze naturali che ci sono state date gratuitamente. Cammini e incontri cancelli, catene, sbarre e cartelli con su scritto “proprietà privata” che impediscono l’ingresso. Vedi piccoli paradisi per pochi intimi, a meno che in alcuni casi tu non sia disposto a pagare. Che fine hanno fatto le spiagge dove da piccoli ci portavano i nostri genitori senza pagare nulla e dove si entrava liberamente? Il mare quando è stato messo in vendita? Perché nessuno vede o dice nulla? Mi faccio le domande…. E’legittimo tutto questo? Si possono occupare le spiagge? Si possono chiudere gli accessi per raggiungerle? Nella mia ignoranza mi sa di no! Se tutto questo è lecito ditemelo, me ne farò una ragione, altrimenti unite la vostra voce alla mia. Noi italiani siamo considerati un popolo di poeti, santi e navigatori, non diventiamo anche dei sognatori e sognare una realtà.
C’era una volta….. ma spero ci sia ancora.

Giampiero Amato

mercoledì 21 novembre 2007

dimensione natura #2

Chissà quante volte abbiamo osservato qualche tela, qualche foto, qualche manifesto pubblicitario raffigurante paesaggi di montagna e abbiamo pensato: ”Oh che bello!”. Ma vi assicuro che la bellezza e la meraviglia che possono scaturire in noi dalla loro visione sono riduttive se le si rapportano alla contemplazione di un’altra indiscussa magnificenza naturalistica della nostra terra…..la Sila, un mondo quasi a parte, per molti versi inesplorato e misterioso.
La natura qui sembra quasi divertirsi ad usare gli acquarelli di un pittore, dando vita ad un quadro dai colori cangianti nel lento susseguirsi delle stagioni: dal verde, con tutte le sue sfumature cromatiche, al giallo, dal rosso all’arancione, fino al bianco della neve invernale che ne ricopre il manto. Il tutto racchiuso in un fascio di luci e di ombre da lasciare senza fiato.
A noi “comuni mortali” è concesso di viverla e scoprirla con escursioni, trekking, sci, parapendio, vela, torrentismo e altro ancora. Solo una cosa non bisogna mai dimenticare: il pieno rispetto da tributarle. Per questo motivo quando si vanno a fare “le scampagnate” sarebbe necessario un po’più di buon senso, onde evitare che diventi una pattumiera.

Maria Angela Pugliano

martedì 13 novembre 2007

ieri oggi domani #2

Approfitto di questo spazio che mi è stato concesso per fare solo alcune considerazioni.
Non sono necessarie fiction, che mai riescono a cogliere appieno la vera anima dell’artista, né cose plateali per ricordarsi di lui.
Lui è stato, è e sarà sempre nei nostri cuori, nella nostra mente e “nella nostra terra”: un crotonese, un calabrese.


C.

sabato 10 novembre 2007

interferenze #3


BISCOTTI E SOSPETTI CHE TORTO MI FAN
Regalai “Biscotti e sospetti” ad un’amica, lo scorso Natale. Mentre cercavo tra gli scaffali della libreria, pensavo: “Vorrei qualcosa di leggero, ma carino. Un libro per trascorrere piacevolmente un paio d’ore”. La scelta si rivelò azzeccata. La mia amica ne rimase entusiasta ed io mi feci prestare il libro.
Violetta (commessa in una libreria) e Caterina (sarta per tradizione di famiglia, ma di bambole gonfiabili, investigatrice per amore) sono due sorelle che vanno a vivere in un appartamento ricavato da una villa abitata da inquilini insoliti: Rebecca è una madre separata (il marito, naturalmente, l’ha tradita con una ragazza più giovane) che vive con tre bambine e che per arrotondare manda avanti uno studio di cartomante con un mago gay; Mattia è un arredatore di interni molto richiesto per il suo bell’aspetto e per i suoi gusti kitsch; Emanuele torna dall’India con una moglie molto riflessiva. Le loro storie si intrecciano; i loro segreti vengono svelati e i personaggi (beati loro!) trovano un senso alla propria vita. E sono proprio questi la forza del romanzo. La storia, gli avvenimenti, in qualche misura anche prevedibili, fanno da contorno. Sono le stranezze dei protagonisti ad irretire il lettore. Un romanzo corale, nuovo; impetuoso, senza pause; con corse e rincorse, inversione di ruoli; personaggi e coppie inverosimili, eppure in realtà possibili. Un inno alle donne, nella loro nuova indipendenza e atavica fragilità. Una miscela che le rende sempre desiderabili e spesso non convenzionali.
Prova superata a pieni voti, per questo romanzo intelligente che ci lascia col sorriso sulle labbra.
Pioppa

lunedì 5 novembre 2007

racconti di strada #4

CIRO' MARINA.
Da quando è nato “diaframmi crotone”, ogni domenica, io e il mio inseparabile compagno di avventura, il mio adorabile papà, ce ne andiamo alla scoperta dei posti più belli della nostra Provincia.
Oggi il nostro viaggio ci ha portati in una cittadina della costiera ionica crotonese che vanta una storia antichissima, Cirò Marina, dove abbiamo raggiunto il promontorio di Madonna di Mare. E’qui che sorgono i Mercati Saraceni.
La magia e l’impatto visivo è a dir poco magnifico e la bellezza in tutta la sua totalità non ha lasciato posto a null’altro. Ovvie magari note di rammarico per l’enorme scritta sulla fiancata dell’edificio dinnanzi la Chiesa o piccole crepe nella strada di accesso o ancora una poca oculata pulizia nei dintorni, ma ripeto, lo sguardo viene letteralmente catturato da altro… dai Mercati… dal mare.
Una leggera brezza e qualche gabbiano scandiscono il tempo in un questo luogo testimonianza di un lungo periodo storico condizionato dal terrore delle scorrerie saracene prima e turche dopo.
Il mercato… il silenzio surreale quasi contrasta con l’immaginazione che prende piede e mi proietta nel passato, quasi a voler rivivere quanto si sarebbe potuto vedere lì, il vociferare, la gente….
Alle loro spalle la vecchia torre d’avvistamento e poi il mare…meraviglioso spettacolo…ma.. cosa è quello….?!...Ecco peccato…. Unica pecca a questo quadro è ciò che lo sguardo coglie e che si staglia in lontananza … lo stabilimento di sale che viene distribuito alle navi.
Così d’istinto vado dalla parte opposta e salgo “sul palco” e dò le spalle al tutto e solo allora mi accorgo del costante via vai di macchine nello spiazzale antistante.
Incuriosita chiedo il perché ad un nostro amico cirotano che, sorridendo e per nulla sorpreso, mi dice che è una cosa normale…. Che nel solito giro domenicale che si fa in auto quella è “una meta obbligatoria”, una cosa spontanea senza nessun perché…
Il mio sguardo riprende a vagare…sfioro le pietre con le mani ed è ben visibile come siano stati sapientemente ristrutturati e come siano ben tenuti…. Questo non è un posto abbandonato a sé stesso, anzi soprattutto durante l’estate qui si organizzano rappresentazioni di vario genere, sagre e altro ancora. Ed il tutto per la gente, non solo del posto, diventa motivo di riunione.
E questo esempio di luogo “vissuto” non può fare altro che piacere ed è un bel vedere per chi viene da fuori.
Maria Angela Pugliano

domenica 28 ottobre 2007

energie #2


La nota casa editrice Bmg Ricordi ha pubblicato il suo “Sax a 4 ottave”, provvedendo di recente ad una ristampa anche in lingua inglese.
Lui è Raffaele Mirabelli, giovane sassofonista originario di Rocca di Neto.
La “sua scoperta” musicale per suonare il sax a 4 ottave (cioè nella sua intera estensione anzichè a due e mezza) lo ha portato a scrivere un metodo tutto suo, proprio come i grandi musicisti, aggiungendo con la pubblicazione di questo libro un ulteriore riconoscimento internazionale alla sua bravura e al suo successo, nonostante la giovane età. Successo che lo ha portato in giro per l’Europa e a collaborare più volte, tra i tanti nomi noti, con l’Ensamble di sassofoni “Sax chorus” di A. Domizi.


Maria Angela Pugliano & Caterina Caligiuri

piccole curiosità #1


Storia e leggende popolari si intrecciano intorno a questa singolare struttura, meglio conosciuta come Pietra del Tesauro, nelle campagne di Strongoli.

Dal punto di vista storico si ritiene che esso sia il sepolcro del console romano Marcello, morto nel 208 a.C. durante la battaglia con Annibale.
Tra i vecchi contadini, invece, si narra che in esso vi sia nascosto un tesoro che può essere prelevato soltanto qualora lo stesso venga perfettamente rotto al centro lanciando dall’antistante collina due buoi legati ad un giogo.


Un’altra leggenda vuole che il terreno circostante la Pietra fosse di proprietà di due fratelli, di cui uno affetto da cecità. Questo stesso terreno veniva coltivato a grano e durante il periodo della trebbiatura i due lo dividevano. Il fratello sano misurava il grano nel “quarto” (unità di misura di capacità costituito da una forma in legno che doveva rappresentare un quarto di quintale) e faceva due mucchi, il suo e quello del fratello cieco. Ad ogni misurazione il suo lo riempiva per intero, mentre per il fratello girava il contenitore e ne riempiva solo il fondo. Per rendere più credibile la cosa chiedeva al fratello cieco di verificare sempre con le mani. Questo gli rispondeva che ciò che non vedeva lui lo vedeva Dio. Alla fine della spartizione il fratello sano aveva un enorme ammasso di grano, mentre al cieco erano toccate solo le briciole. E fu così che Dio per punire l’avidità di questo, e il fatto di essersi preso gioco del fratello, trasformò tutto quel grano in un’enorme pietra (la Pietra del Tesauro).

Maria Angela Pugliano & Caterina Caligiuri

venerdì 12 ottobre 2007

ieri oggi domani #1

« Aveva una vigna in collina ma è morto a Milwaukee non qui.. »
Francesco Antonio Costabile poeta ermetico nato a Sambiase il 27 agosto 1924.



L'emigrazione è il fenomeno sociale che porta una porzione di una popolazione a spostarsi dal proprio luogo originario. Tale fenomeno può essere legato a cause ambientali, economiche e sociali, spesso tra loro intrecciate. Difatti, la gente emigra sotto la spinta di ragioni economiche. Accadeva durante il periodo coloniale, e ancora accade. Anche per ragioni politiche. Si può anche emigrare sotto la spinta di altre ragioni, che non siano miseria, pericolo o paura.

Vivo da persona comune, con le capacità di un normale cittadino, con un futuro qui; senza costrizioni.
Qui cresco, fra amici, conoscenti e anche qualche familiare.
Ma quando si parla di Casa mia, non mi viene mai da dire altro che è in un altro posto, di fronte al mare da dove ogni mattina si vede sorgere il sole. Ero tanto abituato a questo evento straordinario che, adesso che ad est vedo soltanto casa della Signora Romina e non più il sole che nasce, mi sembra di essere in un altro mondo.
Però non è un altro mondo.
Quel posto dove sono nato e cresciuto esiste ancora. Non è lontano per me e non è vicino per mia Madre.
Ci sono centinaia, forse migliaia, di miei compaesani che vivono in un altro posto. Lontani o vicini. Le ragioni che li hanno spinti a lasciare il paese sono tante, forse troppe.
Che impressione gli fa tornare? Io non ho una grande esperienza in fatto di ritorni. Sono fortunato. Torno a Casa molto spesso. Tanta gente lo fa. Tanta gente invece non torna da tanti anni. Forse troppi. Come lo vedono il proprio paese? Cambia? O è sempre lo stesso? E tutti quei ragazzi così giovani? Di chi sono i figli? «E tu? A chini si fijju?» Me lo chiedevano spesso gli emigrati che tornavano a Casa!
Su qualche marciapiede c’è scritto qualcosa. A volte un nome; A volte una data; L’ha scritta un ragazzo tanti anni fa. Adesso non abita più al paese. Si è trasferito per lavoro. Chissà se quando torna ci fa caso a quella scritta sul cemento!?
Ci sono strade che non cambiano mai! Sono quelle strade fatte di ricordi. La Banda Musicale suonava sempre la stessa marcia in salita. Era quella che meglio si prestava a essere suonata sulle salite del mio paese. Così, ad ogni festa, ad ogni occasione, le persone che abitavano sulla salita sentivano suonare sempre la stessa marcia. «Ma picchì quannu passati i cca’ sunati sempr’a stessa marcia?». Ci sono strade che non cambiano mai!
La polvere nel campo di calcio del mio paese ha un sapore diverso da quella che si respira per le strade di una qualsiasi città. «Incrocia!!» gridava il Mister. Voleva che giocassimo a pallone e ci ha insegnato a distinguere il sapore della polvere dal sapore del catrame.
Se ne sentono tante.
“Ci vorrebbe…”. Questo è l’inizio di qualsiasi discorso che si fa su un posto come quello in cui sono nato.
Non c’è dubbio che dalle mie parti le cose che ci vogliono sono effettivamente tante. Ma forse è importante ricordarsi di quello che c’è e che ci sarà sempre: le storie delle persone e i luoghi dove si sono formate.
Ci sono centinaia, forse migliaia, di miei compaesani che vivono in un altro posto. Lontani o vicini. Ma quando devono tornare al paese, sono sicuro, dicono sempre: «vaiu ara Casa».

Enzo Dattolo

Con "ieri oggi domani" si apre una nuova sezione dedicata a chi di voi, per vari motivi, si trova lontano da qui. Chiunque voglia partecipare “diaframmando” la propria esperienza di vita con pensieri, racconti, considerazioni o altro può farlo inviandoci ogni cosa all’indirizzo e-mail crotone@diaframmi.it.

lunedì 3 settembre 2007

benvenuti

Quando circa tre mesi fa abbiamo deciso di iniziare il progetto "diaframmi", non avremmo mai, neanche lontanamente, pensato che così tante persone si sarebbero aggregate intorno a noi, e che la nostra idea sarebbe stata sposata da un così ampio numero di menti. Ci sentivamo soli, due Don Chisciotte alle prese con furibonde battaglie contro infiniti mulini a vento, senza un minimo di aspettative verso la riuscita di un progetto di sì fatte proporzioni. E ancor meno, e lo diciamo con estrema franchezza, immaginavamo di poter fare uscire fuori dalle mura della nostra città (Castrovillari, per chi non lo sapesse) l'esperienza di "diaframmi".
Però, poi, la provvidenza ci mette sempre lo zampino, e aiuta gli audaci come noi.
I numeri del nostro blog salivano vertiginosamente; la città vociferava sempre più insistentemente circa la nostra iniziativa; la stampa e la radio si interessavano a noi; e la gente incominciava ad avvicinarsi, a conoscerci e a partecipare alle nostre estemporanee riunioni fatte per le strade cittadine.
E ancora di più! Un giorno, una mail inviata ad una vecchia amica crotonese, ci tornava indietro con una risposta di festante giubilo, complimentandosi per le cose che facevamo, che scrivevamo, per gli argomenti trattati, facendoci così sentire ancora più appagati perché il nostro stava diventando un cammino progettuale comprensibile e condivisibile anche all'esterno, anche da chi i problemi specifici che raccontavamo non li viveva, ma li sentiva ugualmente suoi perché identici a quelli che ogni giorno essa stessa affrontava. E' così che abbiamo tirato dentro "diaframmi" Maria Angela, prima, e Caterina, poi.
Oggi siamo orgogliosi nel presentare al territorio del crotonese il risultato di questa fortuita intesa con queste due splendide persone: "diaframmi Crotone - Calabria - Suditalia".
Speriamo così di poter contribuire, fornendovi uno strumento da noi già testato, a creare in voi tutti lettori del blog una visione critica e nuova del territorio nel quale vivete, una capacità nell'osservare le cose non più solo in superficie, ma dentro, nell'anima che hanno, diaframmando lo stereotipo dall'unicum, dividendo il già visto dall'inconsueto.
"diaframmi" è questo: un progetto comunicativo volto a raccogliere e catalogare gli elementi di una città, di un territorio, con metodi diversi da quelli del passato, scavando, scavando e ancora scavando fino ad arrivare all'essenza delle cose.
Buon lavoro dunque ai nostri amici crotonesi e buona lettura a voi utenti del blog.
Salvatore Dessì & Armando Garofalo

iniziamo a diaframmare

"Muore la parola
appena è pronunciata:
così qualcuno dice.
Io invece dico
che comincia a vivere
proprio in quel momento."
Emily Dikinson
diaframmi Crotone dà avvio alla sua prima sezione di partecipazione attiva.
Inviaci le tue foto (amatoriali o professionali), il tuo commento e le tue generalità all'indirizzo e-mail crotone@diaframmi.it.
Maria Angela Pugliano & Caterina Caligiuri

racconti di strada #1

ROCCA DI NETO.
Una cosa che capita spesso a molti di noi quando si incontra e si conosce gente nuova è sentirsi domandare “di dove sei?”. E immediatamente dopo, in modo quasi consequenziale, alcuni di loro, spinti da un’innata curiosità, vogliono sapere “com’è il paese (o città)?”.
Il più delle volte, per quanto mi riguarda, oltre a citarne il nome (direi in modo piuttosto distratto e solo per quelli “delle mie zone” che lo avrebbero associato al posto) o limitarmi a dire che è in provincia di Kr, qualche volta (raramente, per la verità) ho aggiunto che è un piccolo paese senza nulla di che.
Ma stanno veramente così le cose? Davvero Rocca di Neto non ha nulla di che?
E’questo uno dei motivi che mi ha spinta a chiedermi se conosco veramente il mio paese, le sue tradizioni, la sua storia, la sua quotidianità e soprattutto la sua gente. Ovvia la risposta alla mia domanda. Naturalmente no. O meglio conosco l’indispensabile, quanto basta. Ma quanto basta per cosa?
Mi sconvolge la totale indifferenza che finora ho dimostrato, quanto il lasciarmi imprigionare dalla ragnatela di assuefazione che avvolge il normale vivere quotidiano di una realtà come la nostra. E mi sono accorta (meglio tardi che mai) di come io non abbia mai fatto nulla per dare una scossa o una “vigorosa sterzata per tentare un’inversione di marcia”, per ricominciare da capo e cercare un cambiamento. In realtà l’unica cosa che mi ha da sempre contraddistinta, e credo la maggior parte di noi, è lo starmene lì tranquilla, lasciandomi scivolare tutto addosso, o al massimo pronta a lamentarmi ad ogni occasione della perenne rassegnazione che alberga in questo paese dal vivere piatto e che solo a tratti, e in pochi giorni dell’anno, assapora un po’ di “vivacità”.
Diaframmi ha avuto in tutto questo un ruolo fondamentale, trasmettendomi la voglia e l’entusiasmo necessari per “partire alla scoperta” di Rocca e dei rocchitani, di cogliere il bello e il brutto che essa offre, ma soprattutto l’anima e l’essenza in essa nascoste e che sono impercepibili e non visibili. Insomma, in poche parole, mi ha dato la chiave giusta e fondamentale per un nuovo modo di “leggere” il mio paese, cosa fondamentale per chi ha voglia, come me, di “cambiare le carte in tavola” e voltare pagina.
A differenza di quanto avrei fatto in precedenza, spinta da una nuova consapevolezza e abbandonato ogni pregiudizio, ho deciso di usare un approccio diverso e di guardare Rocca con distacco, quasi dal di fuori, vale a dire con gli occhi della turista, agire, questo, dettato prevalentemente dall’esigenza di essere il più imparziale possibile. Per questo motivo, per prima cosa, mi sono documentata sulla sua storia e su quelli che sono segnalati tra i posti da visitare.




Devo dire che la lettura è stata una piacevole scoperta e riscoperta di cose a volte scontate, a volte non conosciute, come il motivo che porta a chiamare “Casino” Via Rialto ( la presenza del Casino dei frati Certosini di S.Stefano), o la presenza di un antico convento agostiniano appena fuori dal centro abitato, o ancora quella di una Chiesa, ai più poco nota, in Via Terrate e altro ancora.
Così con la tipica eccitazione che contraddistingue il turista, alla luce di queste mie nuove scoperte e armata di macchina fotografica, ho dato inizio alla mia “esplorazione”, per vedere dal vivo le tante decantate beltà storiche di Rocca di Neto.
Naturalmente il rovescio della medaglia era lì in agguato e l’impatto visivo con il reale, nella maggior parte dei casi, non è stato positivo. Sorpresa? Non più di tanto, e chissà perché. Anzi avrei preferito smentite, o altro ancora, piuttosto che conferme.
Le foto parlano da sé. E’ impressionante lo stato di totale abbandono in cui versano alcuni di questi posti, luoghi di importanza storica “lasciati lì a morire e dimenticati da tutti”, luoghi “dentro” il paese, ma allo stesso tempo “fuori”, “luoghi di confine” come se fossero dimensioni a parte, diaframmati dal normale vivere quotidiano.
E mi sono chiesta… è questa l’immagine che vogliamo dare del nostro paese (non solo per chi ci vive, ma anche per quelli che vengono da fuori), quella di un posto “morto” nella sua tradizione storica (e non solo)? Pertanto, mi chiedo e rivolgo la stessa domanda a tutti voi, in che modo vogliamo valorizzare questa importante risorsa?
So perfettamente che a questo punto mi si potrebbe accusare di poca obiettività laddove accanto alle cose fatiscenti e decadenti non ho dato il giusto spazio a quanto di bello ci sia in giro. In fin dei conti sopra ho scritto che avrei cercato di cogliere il bello e il brutto che essa offre. È vero, il tutto non fa una piega, anzi. Ma parlare del bello in questo momento sarebbe fin troppo facile. Il bello è bello e non si discute (ci possono essere magari visioni soggettive differenti, ma l’oggettività della cosa di per sé bella è innegabile). Non sempre la stessa cosa può dirsi, invece, per ciò che di “dimenticato e sconosciuto” c’è nella nostra realtà.
Per questo appare di vitale importanza cercare con i loro cambiamenti e con la loro rinascita la giusta strada che farà rinascere con loro noi stessi, che ci renderà partecipi attraverso proposte e critiche costruttive del “loro e del nostro destino”. E nella visione dell’oggi proiettata al futuro dovremo fare della sinergia il nostro punto di forza.
Basta indifferenza cronica, basta incapacità d’agire, non credete?



Maria Angela Pugliano

racconti di strada #2



CROTONE.
Illusoriamente, dopo aver letto quanto sopra riportato nella sezione dedicata a Rocca di Neto, viene spontaneo pensare che la nostra situazione sia solo un ritaglio, uno spezzone di vita di una dimensione circoscritta, limitata e ignorante nel pensiero, un caso a parte che non si rende conto del potenziale a disposizione, non sapendolo gestire e sfruttare in nessun modo.
Troppo semplici queste assurde considerazioni. Lo dimostra il fatto che non bisogna andare tanto lontano, da una “realtà” come la nostra, per accorgersi che le cose non stanno così. Ma quel che ti dà da pensare, ed è più grave, è che il posto in questione non è un altro paese, ma niente poco di meno che il nostro capoluogo di Provincia.
Anche Crotone vive una situazione di “quasi oblio” per molti versi analoga a quella di un piccolo paese come il nostro.
Tra un turismo mai completamente decollato, abusivismo edilizio, tassi di tumoralità e di disoccupazione cronica e altri temi e problematiche che puntualmente rimbalzano all’attenzione di tutti è piuttosto facile “pescare”, tra le tante negatività che si agitano nel calderone, lo stato in cui versano posti di notevole rilevanza storica e ai quali non si attribuisce la giusta considerazione e non se ne “riconosce” la fondamentale importanza, magari troppo attenti ad altro e dando per scontato la loro presenza fisica … “sono lì…ci sono…e questo basta”. È tutto alquanto paradossale. Ci si è mai posti il problema o la preoccupazione di cosa fare affinché continuino ad esserci?

Per questo è decisamente vergognoso vedere come alcuni dei luoghi che decantavano la magnificenza e lo splendore culturale magno-greco, motivo di vanto e di orgoglio storico, siano in parte “abbandonati al loro destino” e solo marginalmente valorizzati.
Percezione del passato e realtà non coincidono. Ed anche in questo caso le foto lasciano trasparire immagini dal “sapore amaro”. Sgomento e stupore cedono spesso il posto ad una rabbia impotente. Perché?
È desolante visitare il parco archeologico di Capo Colonna, emblema dei resti dell’antico tempio di Hera Lacinia, e vederlo invaso da sterpaglia, logorato dal tempo e senza nessun tipo di accorgimento in termini di controllo o accoglienza turistica….. o il maestoso castello di Carlo V, limitato e riduttivo negli spazi da visitare, che attesta al suo interno la presenza di nuclei abitativi con antenne e paraboliche che ovunque sono visibili e che contrastano con quella che dovrebbe essere l’anima e il valore del posto…. O ancora l’area antistante l’ex Montedison o Pertusola sud che si potrebbe rendere fruibile ai turisti, vista la presenza del patrimonio archeologico del quartiere nord dell’antica Kroton custodito sotto questo mantello di terra, e che invece vede le diverse parti in causa, pubbliche e private, alle prese con dissapori e problemi circa le responsabilità per i vecchi operati e l’impellente necessità di messa in sicurezza, bonifica e risanamento di questi siti che risultano essere altamente inquinati. E ciò che si prospetta dinnanzi ai nostri occhi è un immenso pezzo di terreno incolto, invaso da erbacce, dinnanzi ad un’area industriale, per anni operativa tra mille problemi, che oggi presenta stabilimenti in fase di smantellamento e in gran parte dimessi e il cui stato dei lavori continua a non dare protezione ai danni provocati dal deflusso verso il mare delle acque di falda contaminate.
E questi sono solo alcuni degli esempi dello “stato di conservazione” (naturalmente in negativo) in cui versa il patrimonio storico-artistico-culturale di Crotone.
F. Nietzsche sosteneva che “l’arte esprime direttamente il divenire e la caducità di tutto ciò che è umano”. Ma qui è in gioco l’unica traccia concreta e vera che ci è rimasta e che ci lega all’antico splendore del nostro passato, quello che da sempre ha contraddistinto la nostra terra, le nostre radici, la nostra identità da tutto il resto. Non dobbiamo lasciare che questo diventi qualcosa di fugace, effimero e labile, ma dobbiamo preservarlo e conservarlo. Dovrà essere testimonianza di ciò che è stato, di ciò che è e di ciò che sarà. Dovrà rimanere “eterno nel tempo”, come legame indissolubile e come ricordo di questa nostra terra fondata dagli Achei e diventata poi culla della Magna Grecia, in cui cultura, bellezza e arte si sono sapientemente fuse raggiungendo il punto massimo di splendore di ogni epoca a venire.
Maria Angela Pugliano

racconti di strada #3



CASABONA.
Eccovi la nuova avventura.
Questa volta il “mio viaggio” mi ha portata in un paese dell’entroterra crotonese, Casabona.
La scelta non è stata casuale, ma dettata dalla curiosità di vedere una cosa in particolare, le Grotte Rupestri.
Sono state soprattutto affermazioni di non poco conto, fatte in merito a questo sito, che mi hanno spinta a volerne sapere di più, affermazioni del genere “Cosa si aspetta a proclamarlo Parco Neolitico della Calabria? Cosa si aspetta a farlo diventare patrimonio dell’umanità?”.
Pretese e desideri senza dubbio ambiziosi e non semplici da raggiungere, soprattutto laddove dovrà esserne dimostrata l’effettiva valenza e autenticità storica.
Pare che Casabona si configuri come il più antico villaggio preistorico con un numero non indifferente di grotte (a sostenerlo alcuni studiosi che da anni si occupano di esse). Peraltro questo numero abbastanza elevato è facilmente visibile fin da quando si giunge alle pendici del paese o ci si addentra in alcune vie e zone specifiche (molte grotte denotano un cattivo stato di conservazione).
Ma per questi siti rupestri, di cui non si è in grado di indicarne con precisione l’originalità del periodo, si va avanti per deduzioni logiche o semplici assonanze. Questo per gli studiosi. Ma per le poche persone incontrate in giro per il paese si tratta solo di fantasie (devo dire che erano un po’ sorpresi da alcune mie considerazioni e domande, ma sono stati molto disponibili a portarmi in giro e a farmi visitare quelle che molto semplicemente definivano “le grotte dei maiali”).
Palese, quindi, l’incongruenza tra chi “studia e viene da fuori” e chi vive la realtà del paese.
Pertanto, come stanno effettivamente le cose in un posto come questo che manca di tutela, di fruizione o di “cantieri” che lascino immaginare attente e analitiche ricerche archeologiche e antropologiche condotte in loco? E, soprattutto, se davvero Casabona vanta una storia antichissima e possiede questa ricchezza non sarebbe il caso prima ancora di farlo diventare patrimonio dell’umanità, farlo diventare patrimonio della gente del luogo che per la maggiore ne ignora il tutto?



Maria Angela Pugliano