lunedì 24 dicembre 2007

auguri

"Si vedranno in fondo gli alberi d'un viale, con le lampade elettricheche traspariranno di tra le foglie. Ai due lati, le ultime case d'unavia che immette in quel viale. Nelle case a sinistra sarà un misero Caffènotturno con tavolini e seggiole sul marciapiede. Davanti alle case didestra, un lampione acceso. Allo spigolo dell'ultima casa a sinistra,che farà cantone sul viale, un fanale anch'esso acceso. Sarà passata dapoco la mezzanotte. S'udrà da lontano, a intervalli, il suonotitillante d'un mandolino."
da "L'uomo dal fiore in bocca" di Luigi Pirandello

Auguri e buone feste a tutti da noi di "diaframmi-crotone"

sabato 22 dicembre 2007

ieri oggi domani #3

Diario di un viaggio in solitaria

Sono tanti anni che viaggio. Ogni volta che devo mettermi in macchina per tornare a casa è obbligatoria la preghiera: Signore fa che stavolta non trovi traffico.

Il senso dell’umorismo di Dio deve essere proporzionale alla sua grandezza, perché, puntualmente, il traffico lo becco sempre allo stesso chilometro della stessa strada, qualunque sia l’ora e il giorno che scelgo per partire.
Penso, ripenso, mi informo sulle condizioni e previsioni del traffico, del tempo e dello stato di salute della mia pazienza. Decido. Parto alle ore tot del giorno tot. Si chiama partenza intelligente.
Confesso. Al solito chilometro della solita strada mi sento molto stupido. Sempre. La prossima volta voglio telefonare prima a quell’imbecille che se n’è strafregato della partenza intelligente e si è fatto il più bel viaggio della sua vita.
Ma non è tutto da buttare.
Per esempio, mia Madre mi ha regalato il classico Santino con scritto: Vai piano. Beh!! Funziona. Anche se, in un momento di eccessivo stress da coda chilometrica sulla A3, l’ho riposto nel porta oggetti del cruscotto.
Mi è capitato anche di fare amicizia. Una coppia siciliana, in viaggio da Milano e diretta a Caltanissetta. Un ragazzo di Reggio, studente a Firenze e una bellissima ragazza di Matera, che sento ancora per telefono ogni tanto. L’ultima volta mi ha invitato al suo matrimonio. Ho risposto: verrò volentieri se posso. Non credo che potrò.
Se devi andare in bagno sei fregato. Io sono timido, non riesco a fermarmi sulla piazzola di sosta, scendere dalla macchina, spostarmi sul lato passeggeri e con aria indifferente, fischiettando mentre guardi la fila infinita delle auto ferme, dare libero e giustificato sfogo ai biologici bisogni. Però l’avventura in coda, se hai tanto bisogno e proprio quel giorno un contadino ha deciso di irrigare il suo campo, vi posso assicurare che fa cadere ogni tipo di pubblico pudore.
Finito il credito sul telefono, se non chiacchieri con qualcuno nell’auto accanto, ti rimane la musica. Vietato, però, ascoltare cantautori ironici. Quelli, insomma, che ti fanno ridere. Perché sei sempre osservato e se ti vedono ridere da solo o fai finta di parlare al telefono o sei spacciato, per il resto delle persone in coda lo stress ti ha fuso il cervello.
Il caffè è meglio se te lo porti da casa. Non conviene fermarsi per un caffè in un area di servizio perché è come trovarsi in mezzo alla Piazza Rossa durante la rivoluzione d’Ottobre.
Quando poi, finalmente, pensi di essere arrivato, ecco la ciliegina. Un tir la cui dimensione, dopo tante ore di coda, si triplica ai tuoi occhi è proprio davanti a te. Sulla SS 106 Jonica è quasi impossibile superare una bicicletta, figuriamoci un ciclopico tir.
Un’altra conferma che il Santino funziona anche se è chiuso nel porta oggetti.
Ma alla fine sei a casa e, a parte un po’ di stanchezza, stai bene e alla coda non ci pensi più. Fino al prossimo viaggio.

Enzo Dattolo

martedì 18 dicembre 2007

Eppur si muove #1

Scarsa consapevolezza del valore sociale e totale assenza di fruizione o valorizzazione sono alcuni dei punti che facilmente si scorgono tra le righe dei precedenti post, riguardo al patrimnio storico-archeologico-artistico e naturalistico della nostra Provincia.
Queste, alcune delle peggiori pecche da addurre alla nostra realtá e per cui rammaricarsi dato che nulla o quasi niente é stato mai fatto per rendere vivibile in piena coscienza e conoscienza questo tesoro che possediamo per noi persone in loco, a cui associare, allo stesso tempo, l’incapacitá di „saperlo vendere”a chi é fuori.
Anche di questo abbiamo discusso io e Giampiero con il sottosegretario ai Beni Culturali Danielle Mazzonis, entusiasta della nostra Regione, incontrata la scorsa settimana a Kr in merito alla presentazione di Maratonarte, manifestazione ideata dallo stesso Ministero per i Beni e le attivitá culturali, con l’obiettivo prioritario di riaffermare con forza il principio che il patrimonio culturale é un bene publico e dunque di tutti.



Il progetto prevede il restauro di 7 siti, in sette Regioni diverse, luoghi storici e paesaggistici incredibili, ma dimenticati che meritano di essere rivitalizzati e restituiti a chi é giusto che li viva fino in fondo: tutti noi. E con una maratona televisiva di raccolta fondi si é cercato di coinvolgere da un lato la gente attraverso donazioni simboliche mirate piú che altro a far conoscere quei posti e dall’altro a diffondere una cultura nuova soprattutto tra i giovani, portando nelle scuole secondarie di secondo grado filmati per spronarli in spunti e suggerimenti.
In questo grande circuito fatto di scelte che arrivano dall’alto peró entra in gioco altro. Si sará capaci, a partire dalle istituzioni locali, di attivare quanto necessario per far partire la grande macchina di progettazione che fará ricadere su ció che noi proponiamo l’attenzione e la convinzione di chi scegli queste siti?
Ecco perché per quanto questa grande iniziativa possa essere utile e importante non é necessario starcene con le mani in mano ad aspettare che i miracoli arrivini sempre dall’alto, creiamoceli con le nostre mani, cerchiamo di essere artefici del cambiamento della nostra realtá, basta molto poco e lo dimostrano i nostri amici di Castrovillari con la loro iniziativa "arteinsalvo".



(Vai al progetto "arteinsalvo"---)


Per cui ora a noi la parola. Scegliamo nel nostro piccolo il primo luogo da far rinascere e agiamo.

Maria Angela Pugliano

martedì 11 dicembre 2007

racconti di strada #5

SANTA SEVERINA, UNA PERLA DI SPERANZA.

Siberene, questo è l’antico nome di Santa Severina, dato probabilmente dagli Enotri, un antico popolo italico.
Santa Severina, cosi chiamarono i Bizantini lo splendido scoglio, con meno di tremila anime, situato al centro della valle del Neto.
E’ Bizantina l’origine più recente del borgo. Testimonianza ne sono lo splendido Battistero, un vero e proprio gioiello di architettura bizantina e la chiesa di Santa Filomena.
Immersa tra le splendide montagne delle Sila e lo splendido Mar Ionio, tra le colline, sorge Santa Severina, questa perla classificata tra i cento borghi più belli d’Italia.
La nave di pietra: così la chiama oggi la gente del posto, orgogliosa, quasi fino alla superbia, di quel capolavoro artistico che ammirano tutti i giorni al loro risveglio.
Tra le mura, sorge dominante il sontuoso e fiabesco Castello, dove il tempo sembra fermarsi ogni qualvolta ci si ferma ad osservarlo e a visitarlo. Sembra quasi sentire le melodie normanne fargli da cornice.


Qui, le antiche leggende sul re normanno Roberto il Guiscardo sembrano quasi attuali.
Furono i Normanni a crearlo e in seguito lo continuarono gli Svevi, prima dell’approdo di Angioini ed Aragonesi. Dopo, fu abitato da potenti famiglie quali i Ruffo i Carafa e i Grutther.
Il Castello, in cui leggende di fantasmi si intrecciano alla realtà, rappresenta senza dubbio il cuore di questa rocca che, osservata da lontano, sembra non avere accesso.
La sua inespugnabilità e la sua resistenza ai devastanti terremoti lo mantengono affascinante.
E sembra che questa inespugnabilità abbia avuto la meglio anche sui tentacoli della ‘ndrangheta, purtroppo onnipresente nel crotonese.
Di fronte, la splendida Cattedrale a tre navate risalente al XII secolo.

Tutto racchiuso nella splendida Piazza, un vero e proprio salotto, da cartolina, anzi, da quadro.


Lo splendido scenario storico-artistico fa da cornice a storie di tutti i giorni.
Storie di giovani che partono e non ritornano mai più, storie di gente che resta, di persone che emigrano e poi ritornano con la speranza di cambiare qualcosa. Storie di persone semplici che vedono la Piazza il centro del mondo; senza di essa non potrebbero vivere per nessuna ragione.
Quel salotto nominato “Piazza Campo” è il palco di tutte le sensazioni della gente.
Ogni turista deve attraversarla per visitare Castello e Cattedrale.
Capita così, che spesso, soprattutto in estate, si trasformi in un microcosmo in cui si alternano le voci di persone provenienti da ogni parte del mondo. Scene perfette di accoglienza, tolleranza e multiculturalismo.
La Piazza è il centro in cui la gente si ritrova. Qui si discute, si litiga, si suppone, si critica.
Qui si celebrano matrimoni e funerali, manifestazioni di ogni genere, ci si incontra col “fidanzato”.
Qui fanno capolino gli studenti stranieri dell’Aleo e ne restano meravigliati.
Qui si consumano tutte le frizzanti serate d’estate in cui ragazzi e ragazze, di tutte le età, restano in giro fino a tarda notte tra un bicchiere e l’altro.
Qui “Don Arnaldo”, un’icona del paese, scomparso purtroppo qualche tempo fa, raccontava ai giovani simpatici episodi, a volte surreali, dando loro una sorta di educazione alla vita.
Ma la piazza è anche il centro in cui gli anziani passano il loro tempo a raccontarsi la guerra, la campagna e la famiglia. I loro inossidabili punti di vista non hanno tramonto.
E tutto intorno i vicoli, dove ancora si vedono i bambini correre e rincorrersi, in una felice armonia tra gioco e allegria.
A vederli, sento ancora la voce di mia madre che mi chiamava invano, mentre rincorrevo chissà quale destino.
In quei vicoli noi giovani, di una certa generazione, abbiamo appreso i valori più importanti della vita. Lì abbiamo imparato, a vincere, a sognare, a perdere, a rialzarci, a piangere.
Santa Severina, così i Bizantini la chiamarono.
La nave di pietra, così la chiamano oggi gli abitanti del posto.
Una perla di speranza, così la voglio definire io tredici anni dopo averla “abbandonata”.

Francesco Candeliere

venerdì 7 dicembre 2007

interferenze #4

Clandestino

Il sole trepidamente scintillava sull'arcuato collo di salice,
le stelle profumavano l’aria densa d’estate,
io me ne stavo sornione e arguto a macinare carrubbe sull'asfalto sciroccato
e il fatuo canterino del gufo
seguitai a lungo per mari e per monti,
ma non trovai
anima pronta a dedicarmi baci.

Vorrei sfilare il tuo profilo come uno spicchio di uva matura
e levigarti come un marmo bruno,
lì al confine tra cielo e terra sospendere la vita
nell’incanto della memoria e del sogno.

…. Jean

Senza di te

Non posso esistere senza di te.
Mi dimentico di tutto tranne che di rivederti:
la mia vita sembra che si arresti lì,
non vedo più avanti.
Mi hai assorbito.
In questo momento ho la sensazione
come di dissolvermi:
sarei estremamente triste
senza la speranza di rivederti presto.
Avrei paura a staccarmi da te.

…. Mia