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giovedì 11 settembre 2008

diaframmare con noi #4

In risposta al post sulle Grotte Carsiche, un amico ha sottoposto alla mia attenzione una lettera aperta pubblicata sul sito di Agorà Magazine, inviata da due consiglieri nazionali e dal gruppo di lavoro energia di Italia Nostra (Associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della nazione) e indirizzata al sindaco di Verzino Dott. Italo Russo.

Abbiamo letto sui giornali locali che il Comune di Verzino ha riaperto i termini del bando per la ricerca di una società interessata a realizzare - in qualsiasi parte del territorio comunale - un mega-impianto eolico: 40 pali da 105 metri. La prima gara era andata deserta.
Il territorio di Verzino, di antica cultura, custodisce un patrimonio storico-archeologico, naturale e paesaggistico di grande pregio.
In particolare, possiede la maggiore concentrazione di delicatissime grotte e doline carsiche, il cuore del GeoParco Ipogeo del Crotonese, che meritano di essere tutelate e meglio conosciute, per permetterne ed incrementarne la fruizione da parte di un un turismo di tipo naturalistico, anche internazionale, in costante crescita nel nostro Paese e che potrà costituire fonte di sicuro benessere economico e culturale per la cittadinanza.
Pertanto, la invitiamo a voler rinunciare a qualsiasi progetto di mega-impianto di energia eolica, fortemente impattante sul pregevole territorio di Verzino, che invece potrà così valorizzare in modo più ecosostenibile le sue preziose risorse naturali e culturali per consegnarle, intatte, alle generazioni future.
D’altra parte, siamo venute a conoscenza che la Regione Calabria ha deciso di risolvere il problema relativo all’energia eolica sospendendo ogni concessione per 120 giorni dall’entrata in vigore della legge facendo una ricognizione delle emergenze e delle necessità.
Nella votazione sul bilancio regionale, infatti, approvato lo scorso 23 Giugno, sono entrati due emendamenti che riguardano l’eolico e le energie rinnovabili .
In questi emendamenti si legge tra l’altro che… “Il Dipartimento regionale delle attività produttive, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (dal 23 luglio ), accerta il numero di autorizzazioni uniche alla costruzione all’esercizio di impianti da fonte rinnovabile (eolico,biomasse , solare, idroelettrica ). La Regione procede a dichiarare la decadenza delle autorizzazioni uniche, per le quali non sia stato adempiuto , da parte del richiedente , l’impegno sottoscritto al rispetto dei termini di inizio e fine lavori.
La Giunta Regionale- entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente normativa e alla luce delle risultanze emerse dai precedenti accertamenti- presenta al consiglio regionale, che si impegna ad approvarla con procedura d’urgenza, una proposta di provvedimento .Quindi, ogni nuova concessione sarà sospesa”……
”.

Auspicando un suo ripensamento, anche alla luce delle deliberazioni della Regione Calabria, la salutiamo cordialmente,

Teresa Liguori e Mariarita Signorini
Consiglieri nazionali ed il Gruppo di Lavoro Energia Italia Nostra onlus

martedì 29 gennaio 2008

diaframmare con noi #3

LE NOSTRE TERRE, AMICIZIE SENZA DISTANZA.

I valori. Le tradizioni. La cultura. L’essere attaccati a qualcosa di concreto. I rapporti forti. Tutto, oggi sempre di più, sembra merce in esaurimento, in deperimento, in evaporazione. Se ci si guarda intelligentemente un po’ intorno ti acceca quasi la percezione di queste realtà. Da molti punti di vista il modo in cui ci si confronta col mondo tangibile quanto con quello più immateriale ed etereo tende a sbandare verso la precarietà e la superficialità, la velocità; e questo è un fatto. Il pessimismo/realismo di fondo che dovrebbe, bonariamente ed obiettivamente, pervadere nel fondo le nostre esistenze, quelle che un inquieto Pessoa chiamava “viaggi sperimentali fatti involontariamente” – e chi potrebbe dargli torto? definizione azzeccatissima ed incontrovertibile -, viene mascherato sempre di più e più o meno razionalmente o volontariamente da una miriade di apparenze, di apparenti quanto fragili rifugi, da veli, da maquillages più o meno sfacciati e appariscenti; poche cose si salvano da questo camuffamento generale e generalizzato. E quando capita di trovarsi difronte a quello che a stento riesce a rimanere schietto e grezzo, beh non ci si può non meravigliare, se ben si guarda. Due tra questi baluardi che mi succede spesso di mettere a fuoco sono due aspetti diversi nella loro fisicità quanto nella fonetica ma incredibilmente assonanti nelle loro radici, a compenetrarsi tra loro. Quelle di uno forse a costituire quelle dell’altro, ad esserne il presupposto. L’amicizia ed il legame con la propria terra, con le proprie origini, certo dal punto di vista affettivo e dei ricordi ma anche proprio da quello materiale, dell’essere parte di un territorio, di una “parte di popolo”, di una zona, di un paese, di un quartiere, di un dialetto, di odori e profumi, di una gente, di un carattere, di uno stile di vita quasi. Ed ecco che mi viene proprio da intendere quello che comunque lega ciascuno di noi alle nostre terre di origine come un’amicizia di vecchia data. Amicizia che poi come tutte le amicizie muta, cresce, si ispessisce o si deteriora via via, magari si dimentica, sfuma, si rinnega anche, ma….c’è stata, ci ha dato una sua inconsapevole impronta e bene o male ce la porteremo sempre con noi. Casa è casa, c’è poco da dire. E il passato, le origini di noi stessi, la famiglia, sono nostri componenti. E quando ci si imbatte in chi fa della propria quasi un baluardo – certo, lasciando perdere sciocchi ed anacronistici campanilismi che come tutti gli “ismi” hanno sempre un non so che di non buono - beh è una cosa fortunata per molti e non per tutti, di cui prendere atto, soprattutto se appunto la si incastra in una realtà come la odierna, dove l’omogeneizzazione, la globalizzazione e la s-personalizzazione sono quasi divenuti le norme di un regolamento universale. E questo continua a sopravvivere quando tutto, tanto, gli va proprio contro: prodotti e pubblicità sempre più trasversali, un concetto di lavoro che spinge quasi forsennatamente all’essere flessibili, ubiqui, pronti a un “dappertutto” che poi è facile tramutare in un “da nessuna parte”, linguaggi che tendono all’omologazione ed ai travasi, non solo nazionali ma inter-nazionali pur’anche inter-continentali, stili di vita con dei “modelli” ben precisi e sempre più diffusi e forti. E nonostante questa guerra alla sopravvivenza, come un fiore che continua a germogliare in mezzo ai ghiacci, il legame con la propria terra c’è, più o meno saldo e più o meno buono, e continua, l’amicizia, che si mantiene costante o si rispolvera e riscopre con gli anni, che in fondo – ma anche in superficie – fa parte di noi.Ed ecco ancora che non bastano lontane distanze, magari dovute alla fatidica “flessibilità” o al fatto che del lavoro che vogliamo/dobbiamo svolgere la nostra terra non ne vuol sapere di offrircelo o a scelte affettive o a qualunque altra causa, a separarcene; non bastano, e prima o poi o durante i nostri rispettivi cammini ci si ritorna. Geograficamente o no, coscientemente o no, anzi forse non ce ne separiamo mai. E allora anche se non ci torna più, poco cambia; è un tassello della nostra “struttura”. E mi viene in mente una descrizione fatta in un bel film della nostra “casa”, quella che prima o poi si trova, in senso lato (nella pellicola in questione, affettivo), in cui “il colore magari non è quello giusto, lo stile non è il massimo, ma è lì…”: di case se ne possono trovare tante, lontane, vicine, logiche o illogiche, desiderate o inaspettate, ma credo che la nostra terra, nel bene o nel male, impolverata o tenuta lucida a specchio, dimenticata o presente, amata o odiata, resterà sempre un pezzo di noi. Resterà sempre e comunque una nostra amica, del passato o del presente o del futuro poco conta.Già…la patria, la nostra terra, come una forte sotterranea amicizia: sono tutte dove sta il nostro cuore. E ogni distanza si annulla.

Nicola Matricardi da Terni

venerdì 18 gennaio 2008

diaframmare con noi #2

Dopo il bel post scritto da Francesco su Santa Severina era inevitabile che venisse sottoposta alla nostra e vostra attenzione una situazione alquanto assurda, che ormai si protrae da quasi due anni. Parlo della strada che una volta lasciata la ss107 dovrebbe portare allo stesso paese e che crea notevoli disagi di viabilità e percorribilità da e verso lo stesso.
Le foto che ci sono state inviate risalgono ad alcuni mesi fa, ma ad oggi l’unico cambiamento da segnalare è l’ultimazione della giuntura del ponte e null’altro.
Ho avuto modo di percorrerla in diverse occasioni ultimamente e ad esser sincera l’impraticabilità, soprattutto quando piove, è abbastanza evidente e “si sente” (la macchina concorda con me).

Ora mi chiedo come sia possibile una cosa del genere sia in termini di tempistica, circa il completamento dei lavori, sia in termini di provvedimenti non presi, tali da rendere maggiormente fruibile il raggiungimento del paese, in primis per le persone del posto.
Altra cosa che lascia abbastanza perplessi è che non vi sia alcuna segnalazione stradale in merito che avverta dell’interruzione o indichi strade alternative per chi viene da fuori e ne ignora l’esistenza. Abusivamente si percorre un tratto che non dovrebbe essere percorso (io stessa l’ho fatto), data la rimozione, da parte di ignoti, di quei massi di cemento che avrebbero “dovuto” bloccarne l’accesso.
Sembra di vedere e di riproporre sempre le stesse cose dalle quali scaturiscono in modo inevitabile e consequenziale sempre gli stessi discorsi che ormai credo abbiano stancato tutti. Il problema però è che siamo qui, per l’ennesima volta, a farli e rifarli e nel concreto quasi mai nulla cambia, anzi più che progredire si regredisce.
Ok che la Calabria è famosa per i ritardi abissali delle sue opere infrastrutturali, ma davvero dobbiamo consolarci, come dice un amico di Santa Severina scherzando ironicamente, che ci siamo con i tempi, anzi che si è in anticipo? Come stanno veramente le cose? Quali reconditi interessi in questi soliti e abissali ritardi? Solite domande che resteranno senza risposta e che non è dato sapersi, ma che a quanto pare in molti sanno, ma preferiscono tacere?


Maria Angela Pugliano

venerdì 30 novembre 2007

diaframmare con noi #1

Il tempio di Apollo Aleo
Dopo la pubblicazione del Post sui Mercati Saraceni, amici di Cirò Marina hanno voluto inviarci queste foto per far vedere che non tutti i siti storico-archeologici della loro città godono della medesima considerazione.
Questo è il santuario di Apollo Aleo, edificio di culto in stile dorico dell’antichità magno-greca, ascrivibile al V sec. a.c. (pare sia stato distrutto durante la seconda guerra punica e ricostruito di nuovo).
Non tutti i cirotani lo conoscono, anzi i più lo ignorano.
E la vista di totale abbandono che traspare da queste foto non fa altro che portarci a riproporre le solite considerazioni fatte nei post precedenti.
Maria Angela Pugliano