domenica 20 aprile 2008

musica è...

Anni fa lessi un articolo che riportava le parole di alcuni bambini ciechi a cui era stato chiesto cosa fosse per loro la musica. Ricordo che uno di loro disse che “la musica ti permette di vedere paesaggi indescrivibili”. Nulla di più vero.
E voi, vi siete mai chiesti: cosa è per me la musica? Per me è semplice: la musica è tutto. D’altra parte, la ritroviamo in tutto: al mattino ci alziamo e la voce della persona che ci sta accanto è musica; pensiamo ad un evento felice ed è musica; pensiamo ad un evento triste ed è musica; abbracciamo un neonato ed è musica; ascoltiamo la radio…beh, lì qualche dubbio c’è. Ecco un grave problema della musica, oggi: è stata sfrattata. La Radio è sempre stata la sua casa; ma adesso? Adesso, purtroppo, va di moda il gossip e ha successo chi la combina più grossa; e, ahimè, i dj e le redazioni tutte si sono adeguati. Ero solita trascorrere i miei giorni (e le mie notti) con il gentile sottofondo di una radio (che evito di citare) che rispecchiava quasi totalmente i miei gusti: per la maggior parte del tempo ottima musica (riuscivo persino a perdonare il passaggio di Biagio Antonacci!) e programmi divertenti, ma non idioti. Ebbene, ormai sono mesi che non ascolto più la radio. Perché?... È normale ascoltare tutte le notizie più insulse e meno “musicali” che ci siano in circolazione? Mi spiego: cosa mi può interessare dell’ultima bravata di Britney Spears (e le faccio un’immensa cortesia già solo a citarla in un articolo che parla di musica) o della Tatangelo che sul palco di Sanremo dichiara il suo amore a Gigi D’Alessio (così mi riferiscono…. da anni ho smesso di seguire quello show di bassa lega). La risposta è semplice: certo che non è normale. Non è normale perché quella non è musica. Quelle sono pagliacciate. La musica è altro: è gioia e dolore; emozione e forza; spirito libero e trascinante. La musica apre la mente, libera l’anima e incita il cuore. “Sentire” la musica permette di “vedere” le cose. Vi è mai capitato di trattenere il fiato ascoltando un brano? Sembra di fluttuare in un’altra dimensione; spazio e tempo svaniscono. Ora ditemi: quanti artisti, oggi, vi fanno sentire così? Pochi, suppongo. Di certo meno di prima: alcuni si sono persi lungo la strada; altri hanno cambiato direzione svoltando verso luci più abbaglianti. E allora? Cosa si fa? Si torna al passato e si ascolta la musica di 15 anni fa: una delle notti più belle della mia vita, l’ho vissuta due anni fa al concerto di un gruppo di cinquantenni!
In tutto questo, cosa fa l’Italia? Poco, ahimè, per il grande pubblico; ma c’è chi lavora in silenzio e raccoglie messi abbondanti. Non tutti ci avranno fatto caso, ma in due anni l’Italia ha ricevuto due grandi riconoscimenti (i più risonanti). Sto parlando, naturalmente, dell’Oscar
® alla carriera ad Ennio Morricone nel 2007 (era ora!) e dell’Oscar® di qualche settimana fa a Dario Marianelli per la colonna sonora di “Espiazione” (il tema principale è da brividi!). Naturalmente, per i più questo genere di musica è pesante e noioso. Ma i più, si sa, preferiscono i gossip ad un brano di vera musica. Allora, è “ai più” che do un consiglio: lasciate i brani “da sculettamento” per le feste universitarie. E se proprio volete un po’ di musica, spegnete le luci, aprite la finestra e fate partire il brano…

Pioppa

martedì 15 aprile 2008

racconti di strada #6

Questa nuova avventura domenicale, mia e di papà, risale a due mesi fa.
La scelta di andare a Strongoli non è stata casuale, ma mirata.
Ero molto incuriosita dal Castello pubblicizzato sulla rivista turistica provinciale. Un colpo d’occhio molto bello, come si può notare dalla prima foto. Un baluardo di notevoli dimensioni immerso nel verde delle campagne. Uno spettacolo imperdibile e da documentare per tutti gli amici di Diaframmi.
Così, carica del solito entusiasmo, siamo saliti in macchina e siamo andati.
Discutendo del più e del meno circa la storia e le origini del castello, ho notato che papà parlava di come era strutturato rispetto al resto del paese, ma lì per lì non vi ho badato, anche se iniziavano le prime perplessità: “Ma papà aveva effettivamente capito dove volevo andare?”.
Ecco perché una volta giunti a Strongoli gli ho detto che si stava sicuramente sbagliando dato che non era quello il castello che io volevo vedere. Il “mio” castello era isolato, non nel paese.
A mia volta ho insinuato dubbi in lui al punto che una volta sul posto ha chiesto in giro di quel famoso castello di cui “io” parlavo, ma nessuno a parte quello che era collocato alla fine del paese ne conosceva l’esistenza.
Così alla fine ho lasciato che papà mi portasse al “suo” di castello…. e……sorpresa delle sorprese era anche il “mio”. Possibile? Anzi, come era possibile? Proprio vero… uno “spettacolo imperdibile” (sono ironica naturalmente). Uno scempio… riduttivo direi perfino questo termine. Ero interdetta e senza parole, soprattutto per lo spettacolo deprimente che si trova innanzi all’ingresso dello stesso.
Ho iniziato a fotografare, ma la mia mente si rifiutava quasi di accettare il tutto e ostinatamente dicevo tra me “ci sarà un errore, mi sbaglio io, non avrò guardato bene le immagini”.
Ci siamo addentrati in un posto abbandonato, fatiscente, con il rischio che ci cadesse qualcosa in testa, liberamente accessibile e senza alcun controllo e le poche persone incontrate che ci indicavano la strada ci dicevano che era bellissimo, da vedere. Signori, scusate la franchezza, ma se questo è quello che deve vedere uno che viene da fuori, credo sia meglio non vedere (una parete risultava ristrutturata, una sola però, poi il nulla).
Fatte le foto siamo andati via e in macchina la discussione è ripresa al punto che papà mi aveva convinta del “mio” di errore. Non se ne veniva fuori. Così arrivata a casa mi sono fiondata a prendere quella rivista ed ecco la conferma: il “mio” castello era lo stesso che avevo appena visto. Come si può fare una cosa del genere? Vada anche che i fotomontaggi rendono belle tutte le cose brutte, ma su quali basi buttare fumo negli occhi del turista? Se io stessa vedendo quello spettacolo sono rimasta di sasso cosa penserà di noi chi viene da fuori? Credetemi, non ho parole.
Ad oggi comunque sono stati stanziati fondi per il recupero di questo posto, per una ristrutturazione e riqualificazione che dovrà durare all’incirca 6 mesi. Spero proprio che la prossima volta che andremo qui con papà potremo ammirare finalmente la rinascita di questo antico maniero, ricco di storia, e che quanto ho scritto sopra sia motivo di riflessione. Non credo sia opportuno far vedere ciò che non è, soprattutto quando la realtà è un’altra, vi pare?

Maria Angela Pugliano

martedì 8 aprile 2008

c'era una volta

Come in tutte le favole…..….. “C’era una volta un piccolo paese il cui nome era Rocca di Neto…..
Sarebbe bello raccontare del proprio paese come di una splendida favola a lieto fine in cui tutti “vissero felici e contenti”. Credo, però, che in parte sia così. Strano? Non penso, dato che tra malumori generali e malcontenti vi è una piccola ma nutrita voce fuori dal coro che vive qui sorridente e felice. Di chi parlo? Naturalmente dei piccoli, dei bambini di Rocca di Neto.
A volte lo sguardo e l’innocenza dei più piccoli sono un forte richiamo verso un mondo incantato lontano dai nostri modi reali di vedere e vivere la vita. È l’approccio al tutto che cambia e del resto è normale. Anche per noi è stato così un tempo.
Ecco perché, partendo da un’idea dei miei amici di Castrovillari, ho deciso di fare questo esperimento andando nelle scuole elementari di Rocca e chiedendo ai bimbi di disegnare il loro paese.
Ed eccoli questi disegni (naturalmente ne ho scelti alcuni).

Una cosa abbastanza singolare balza agli occhi di chi è del posto: il modo differente di riprodurre i vari luoghi.
I bimbi che vivono nella parte alta del paese hanno rappresentato la piazza o lo stradone centrale che attraversa il corso principale. Al contrario i bimbi che abitano nella parte bassa o in campagna hanno riprodotto in alcuni casi la strada che vedono dai finestrini delle auto e che porta su al paese, qualcuno la propria casa, qualcun’altro la chiesa.
Ora è pur vero che nella maggior parte dei disegni si rappresenta ciò che i bimbi hanno visto dal finestrino di un’auto. A ben pensarci il tutto è deprimente. Dovrebbero essere altre le cose che i bimbi dovrebbero disegnare, ma la scelta di farli fare a loro è proprio perché avrebbero innocentemente rappresentato il tutto senza finzioni o finti abbellimenti. Ora questo post non vuole essere motivo di dibattito su quelli che sono o meno i LORO spazi, ci sarebbe tanto da dire al riguardo, ma vuole essere semplicemente uno spazio carino da dedicare a loro, loro che un domani saranno il futuro di Rocca di Neto.

IL MIO PAESE

Piccolino è il mio paese,
sotto il cielo di turchese.
Dieci case col cortile,
qualche stalla, qualche ovile,
una baita, che si staglia
sul pendio, col tetto a paglia
che da asilo a ghiri e uccelli,
a topini e pipistrelli;
un abete gigantesco
ai cui piè si gode il fresco,
la chiesetta in mezzo al prato,
col suo piccolo sagrato
ricoperto d'erba fine
pei conigli e le galline,
con l'aguzzo campanile
pien di nidi nell'aprile,
due fontane chioccolanti
che ristorano i passanti
sotto il cielo di turchese.
Questo è tutto il mio paese.

Simpatica questa filastrocca che mi ha indirettamente suggerito un bimbo, vero? E’ questo stesso bimbo quando gli ho chiesto :”ti piace il tuo paese?” sapete cosa mi ha risposto? Mi ha detto “sì” e poi guardandomi attentamente come se la mia domanda nascondesse un tranello, facendo spallucce ha detto:”Boh…. è il mio paese”.

Maria Angela Pugliano