sabato 20 settembre 2008

@ i magici doni di Jo

FANS DI FEDERICO MOCCIA DI TUTTA ITALIA, UNITEVI…e cambiate articolo. Qui non troverete storielle di adolescenti persi d’amore (ah!), che studiano poco, pensano anche meno e passano il tempo a parlare del gadget cha va più di moda. No. “Harry Potter” è tutta un’altra storia….e che STORIA! Non semplice da raccontare, soprattutto per una fan accanita (vedi: me); però si può tentare.
Ultimo della saga, “Harry Potter e i Doni della Morte” conclude (sicuri?) il viaggio e le battaglie del nostro amatissimo eroe. Anche i più esigenti (vedi: me) non sono rimasti delusi: segreti sono stati svelati, dubbi sono stati chiariti, nuovi cammini sono stati intrapresi. Lasciate perdere i media: gli italiani sono ottusi, bigotti ed ignoranti…basta leggere qualche recensione per avere la prova palese di un retaggio culturale-religioso che poco spazio lascia ad un certo tipo di opere. Tutto ciò che riescono ad elaborare riguarda il cospicuo conto in banca di autrice (che non potrà mai essere ringraziata abbastanza per quello che ha creato) e giovani attori. Tipico stile dei nostri dottissimi (e invidiosissimi) gossip pari…ops, giornalisti! Ma bando alle ciance.
Il libro, inutile dirlo, è un autentico Capolavoro. Come i precedenti capitoli, anche questo richiede spirito critico, immaginazione e capacità di vedere oltre la mera parola. Quando si parla di Harry Potter non se ne può raccontare la storia: ogni episodio è così importante, intenso, ricco di particolari e sfumature da non tralasciare, che non si può fare a meno di leggere i libri. Chi ha solo visto i film (per quanto ben fatti, e neanche tutti) può avere una vaga immagine di ciò che è. Nulla di più. Harry Potter deve essere vissuto, toccato, pagina dopo pagina. Lì risiede il suo spirito, la sua magia: fa ridere, piangere, sghignazzare, imprecare, sognare. Il suo mondo è molto più vicino al nostro di quanto si possa credere (chi vi ricordano i Mangiamorte? giusto per fare un esempio lampante). In effetti, È il nostro; solo che loro hanno la Magia (che a noi manca in maniera imperdonabile). J.K. Rowling merita di essere studiata a scuola assieme a Swift, Kipling, Hemingway, Tolkien (altro da inserire nella lista). I motivi sono tanti e diversi, alcuni più seri altri meno (beh, dipende dai punti di vista): viviamo un momento di profondi cambiamenti e difficili decisioni…non guasterebbe insegnare ai giovani (e meno giovani) rispetto, lealtà, umiltà, amore, coraggio di affrontare le proprie paure; che siamo l’uno diverso dall’altro, ma non per questo nemici; che non esistono uomini perfetti; che non tutto è come sembra; che la saggezza e la conoscenza sono figlie di errori e dolori; che anche se si è un po’ sfigati si possono fare grandi cose; che a volte bisogna scegliere “ciò che è giusto, non ciò che è facile”; e che tutte le nostre azioni, buone o cattive, ci ripiombano addosso, prima o poi, in un modo o in un altro. E poi, il mondo di Harry Potter ha tutto ciò che molti (vedi: me) vorrebbero: una scuola magica, un Preside “cool” (non c’è altra definizione); tavoli che lottano tra di loro; rane di cioccolato che prendono vita; soggetti di foto e quadri che si muovono (e possono anche fare qualche gesto rude, se li si infastidisce),… Insomma, i motivi per leggerlo e amarlo sono così tanti che qualsiasi parola è uno spreco di tempo. Quindi…
Un appunto: purtroppo la traduzione italiana non è neanche lontanamente all’altezza dell’originale, né delle traduzioni precedenti. In due parole, povera e piatta. Per non parlare, poi, di un errore di stampa che ha provocato l’eliminazione di un periodo (relativo ad una scena nella Sala Grande): inammissibile.
Niente trama, questa volta. Se volete entrare nel mondo magico

LEGGETE IL LIBRO, BABBANI!

NOTA: Solo un’anticipazione: il dialogo tra Silente ed Harry (come era successo in “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”) rappresenta alcune delle pagine più belle mai scritte.
Blacky

giovedì 11 settembre 2008

diaframmare con noi #4

In risposta al post sulle Grotte Carsiche, un amico ha sottoposto alla mia attenzione una lettera aperta pubblicata sul sito di Agorà Magazine, inviata da due consiglieri nazionali e dal gruppo di lavoro energia di Italia Nostra (Associazione nazionale per la tutela del patrimonio storico, artistico e naturale della nazione) e indirizzata al sindaco di Verzino Dott. Italo Russo.

Abbiamo letto sui giornali locali che il Comune di Verzino ha riaperto i termini del bando per la ricerca di una società interessata a realizzare - in qualsiasi parte del territorio comunale - un mega-impianto eolico: 40 pali da 105 metri. La prima gara era andata deserta.
Il territorio di Verzino, di antica cultura, custodisce un patrimonio storico-archeologico, naturale e paesaggistico di grande pregio.
In particolare, possiede la maggiore concentrazione di delicatissime grotte e doline carsiche, il cuore del GeoParco Ipogeo del Crotonese, che meritano di essere tutelate e meglio conosciute, per permetterne ed incrementarne la fruizione da parte di un un turismo di tipo naturalistico, anche internazionale, in costante crescita nel nostro Paese e che potrà costituire fonte di sicuro benessere economico e culturale per la cittadinanza.
Pertanto, la invitiamo a voler rinunciare a qualsiasi progetto di mega-impianto di energia eolica, fortemente impattante sul pregevole territorio di Verzino, che invece potrà così valorizzare in modo più ecosostenibile le sue preziose risorse naturali e culturali per consegnarle, intatte, alle generazioni future.
D’altra parte, siamo venute a conoscenza che la Regione Calabria ha deciso di risolvere il problema relativo all’energia eolica sospendendo ogni concessione per 120 giorni dall’entrata in vigore della legge facendo una ricognizione delle emergenze e delle necessità.
Nella votazione sul bilancio regionale, infatti, approvato lo scorso 23 Giugno, sono entrati due emendamenti che riguardano l’eolico e le energie rinnovabili .
In questi emendamenti si legge tra l’altro che… “Il Dipartimento regionale delle attività produttive, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (dal 23 luglio ), accerta il numero di autorizzazioni uniche alla costruzione all’esercizio di impianti da fonte rinnovabile (eolico,biomasse , solare, idroelettrica ). La Regione procede a dichiarare la decadenza delle autorizzazioni uniche, per le quali non sia stato adempiuto , da parte del richiedente , l’impegno sottoscritto al rispetto dei termini di inizio e fine lavori.
La Giunta Regionale- entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente normativa e alla luce delle risultanze emerse dai precedenti accertamenti- presenta al consiglio regionale, che si impegna ad approvarla con procedura d’urgenza, una proposta di provvedimento .Quindi, ogni nuova concessione sarà sospesa”……
”.

Auspicando un suo ripensamento, anche alla luce delle deliberazioni della Regione Calabria, la salutiamo cordialmente,

Teresa Liguori e Mariarita Signorini
Consiglieri nazionali ed il Gruppo di Lavoro Energia Italia Nostra onlus

martedì 9 settembre 2008

dimensione natura #4

Ormai non vi sono più dubbi. La nostra sopravvivenza è legata alle nostre azioni. Chiaro il nostro ruolo: natura, ecosistema, Pianeta tutto, vanno protetti. A noi, ospiti di passaggio in un Pianeta in cui si susseguono allarmi e catastrofi ambientali che alterano costantemente un sistema di equilibri delicatissimi, non resta che rispettarlo, valorizzarlo, migliorarlo, difenderlo.
Il tutto deve avvenire dal basso, dal piccolo di ognuno di noi. Ciò è possibile solo “conoscendo” il territorio, scoprendone le peculiarità e comprendendone il valore. Ecco perché, anziché preoccuparsi di aprire con tre settimane di anticipo la caccia, in una Regione devastata dagli incendi d’estate e in cui nulla si fa per tutelare la fauna, sarebbe interessante creare e dar vita a campagne di salvaguardia ambientale che facciano riscoprire il vero senso di appartenenza alla natura. In che modo?
Ci sono interessanti associazioni di volontari che cercano di diffondere lo SpeleoTrekking, disciplina che filtra e amalgama, stimola l’osservazione e la meditazione quando ci si addentra in ambienti naturalistici dimenticati, fa rallegrare dinnanzi ad una cascata, fa ritornare ragazzi e crea una magica atmosfera.
Non tutti sanno però che nel settore nord-occidentale della provincia di Crotone, nei comuni compresi tra Verzino, Castelsilano, Cerenzia, Caccuri e Belvedere Spinello, vi è un geosito che, per diversità di forme carsiche e superficiali e sviluppo di sistemi ipogei, è uno dei più importanti sistemi carsici in gessi d’Italia.
Lo sviluppo dei fenomeni carsici in questo territorio ha dato origine a sei grandi cavità: la Grave Grubbo, Grotta dello Stige, l’Antro del Torchia, la Grave dei due Manfred, la Grotta del Palummaro e del Nasone.
Le splendide cavità modellate dall’acqua, attraversate per tutta la lunghezza da fiumi sotterranei perenni, offrono ai visitatori incantevoli e suggestivi scenari: ambienti notevolmente ampi con altezze che superano i 15 metri, doline in mezzo alla campagna, stalattiti e stalagmiti nonché tipi di flora e fauna particolari tra cui colonne di pipistrelli bianchi. Insomma un “monumento naturale regionale” tutto da scoprire e che ancora una volta conferma le potenzialità della nostra Terra.
Le foto sono state prese dal sito www.calabriatrekking.altervista.org
Maria Angela Pugliano

martedì 26 agosto 2008

piccole curiosità #4

Non tutti sanno che a Cutro, piccolo centro della provincia di Crotone, ogni anno dal 23 aprile al 1 maggio, nell’ambito degli annuali festeggiamenti dedicati al SS.Crocifisso del 3 maggio, si svolge un’importante manifestazione ludico-culturale: il Torneo Internazionale di Scacchi, gioco antichissimo e nobile originatesi probabilmente in India o nell’antica Grecia ed importato in Italia dalle Crociate.Non a caso, però, questo piccolo paese diviene per una settimana circa la “città degli scacchi”. Ciò avviene per onorare e celebrare un “figlio” illustre, il più grande scacchista di tutti i tempi, Gian Leonardo di Bona, detto il Puttino, per la sua straordinaria bellezza e il suo portamento e in seguito insignito dal re Don Sebastiano del Portogallo dell’appellativo di “cavaliere errante: perché a guisa degli antichi cavalieri vinceva i suoi rivali ed i superbi umiliava”.
Altra piccola curiosità da segnalare, in concomitanza al torneo, è la “partita a scacchi viventi” sulla scacchiera pavimentata al centro della piazza principale.
Maria Angela Pugliano

lunedì 28 luglio 2008

a presto...

Dopo la “pausa forzata” di diaframmicrotone, dovuta a problemi con internet e che ha portato ad un ritardo nella pubblicazione dei post, stavolta vi lascio per la pausa estiva, non senza aver condiviso insieme l’ennesimo post.
A voi queste suggestive foto dell’Irlanda, inviatemi dalla mia carissima amica Federica, accompagnate dalla "Benedizione del Viaggiatore Irlandese" (Irish journey blessing):

"May the road rise to meet you,
may the wind be always at your back,
may the sun shine warm upon your face,
and the rains fall soft upon your fields and,
until we meet again,
may God hold you in the palm of His hand.
"

"Sia la strada al tuo fianco,
il vento sempre alle tue spalle,
che il sole splenda caldo sul tuo viso,
e la pioggia cada dolce nei campi attorno e,
finché non ci incontreremo di nuovo,
possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano.
"

BUONE VACANZE amici di diaframmi

Maria Angela Pugliano

martedì 15 luglio 2008

tutti a tavola #2

Con questo nuovo post continua la carrellata delle bontà enogastronomiche della nostra terra.
Dopo il Pecorino crotonese è la volta di un vino a denominazione di origine controllata, il Cirò, che nella tipologia Rosso, Bianco e Rosato non solo soddisfa i palati più esigenti, ma ben si sposa con ogni tipo di piatto.
Considerato il "Barolo del sud", è il più celebre dei vini calabresi ed è quello con la certificazione DOC più antico d'Italia.
Storicamente i primi coloni greci sbarcati sulle coste calabresi rimasero talmente impressionati dalla fertilità di questa terra ricca di vigneti che la chiamarono "Enotria", cioè "terra dove si coltiva la vite alta da terra".
I contadini ellenici portarono con loro tecniche nuove di vinificazione e nuovi vigneti da impiantare: sono infatti di probabile origine greca alcuni tipi di vite ancora presenti sia sul suolo calabrese che anche in altre parti d'Italia, vale a dire il gaglioppo, il greco bianco e il mantonico, tanto per citarne alcuni.
Alcune città calabresi assunsero un ruolo di primo piano nello sviluppo della coltivazione della vite. Sibari e Crotone si distinsero in maniera particolare dando origine alla produzione del "Krimisa", "vino ufficiale delle Olimpiadi" (pare che lo stesso Milone di Crotone, vincitore di ben sei olimpiadi, fosse un grande estimatore di questo vino che per tradizione veniva offerto agli atleti che tornavano vincitori dalle gare olimpiche) e antenato dell'attuale Cirò.

Maria Angela Pugliano

mercoledì 2 luglio 2008

dietro l'angolo #4

Come ogni anno, arrivata l’estate, in tv le cronache affrontano giornalmente un tema abbastanza delicato che dovrebbe essere motivo di riflessione e di sensibilizzazione. Parlo dell’abbandono dei cani, fenomeno costantemente in crescita, soprattutto quando ci sono alle porte le vacanze. Da che sono i migliori amici improvvisamente diventano un peso, un problema a cui porre risoluzione, naturalmente scegliendo la via più semplice: abbandonarli al loro destino. I cani diventano così randagi: vagano alla ricerca di cibo e la maggior parte delle volte muoiono a causa di incidenti stradali, fame, sete, tristezza. Spesso poi vengono catturati da persone senza scrupoli per finire come cavie nei laboratori di vivisezione o nei clan dei combattimenti. Le soluzioni esistono e ve ne possono essere di diverse (volere = potere, semplice anche questo no?): andare in un albergo dove permettono l'ingresso anche agli animali; lasciarlo ad un amico o parente; metterlo in una pensione apposita (ne stanno nascendo anche in Italia); oppure farli ospitare in un canile.
Ed è proprio ad un canile che dedicherò questo post, Mister Dog, canile all’avanguardia sito qui a Rocca di Neto, ma di cui in pochissimi ne conoscono l’esistenza.

Una mega struttura ben curata, di cui ve ne sono poche in Italia, quasi, come l’ho definito io, un albergo a 5 stelle e che sembra cozzare, e di molto anche, con lo spettro dei canili lager abituati a vedere in tv. Strutturato su una vastissima superficie, in più reparti, fin dal momento dell’ingresso di ogni singolo cane, viene redatta a cura del direttore sanitario, una scheda identificativa e clinica per gli adempimenti di legge; tutta la documentazione viene costantemente aggiornata fino al decesso o all’affidamento definitivo dell’animale ed i dati vengono inviati ai Comuni ed alle relative A.S.L. di competenza.

Oltre alla custodia ed al mantenimento dei cani randagi per conto degli enti pubblici, nella struttura si svolgono le seguenti attività: accalappiamento cani; trasferimento cani per conto terzi; custodia e mantenimento cani per conto terzi Privati; servizio di toilettatura.
Parlando con Alessandra, la responsabile del canile, più volte mi ha espresso quello che sarebbe l’intento maggiore da perseguire (mi preme vivamente sottolineare questa bellissima cosa): ospitare manifestazioni e campagne di sensibilizzazione per l’affidamento dell’animale e fare avere un cane anche a chi non può portarselo a casa, facendo in modo che possa dedicargli parte del suo tempo lasciandolo scorazzare e giocare qui stesso, organizzando quasi una sorta di visita giornaliera.

In un contesto come questo però le perplessità naturalmente non mancano dato che spesso pur sapendo di essere in un canile che ospita randagi, in molti vogliono portarsi a casa un cane che sia di razza, che risponda già ai comandi e che abbia, perché no, il pedigree.
Possibile che non si capisce che dietro ogni cane c’è un essere vivente che ama ed ha bisogno di sentirsi amato semplicemente per quello che è a prescindere dalla razza?
Pertanto invito chiunque voglia adottare un cane, o anche semplicemente lasciarlo in custodia, a recarsi lì. In più Alessandra mi ha pregato di scrivere che con l’arrivo delle belle giornate cercano volontari che possano dedicare parte del loro tempo allo svago di questi adorabili cuccioli, accudendoli amorevolmente durante i loro giochi.

Maria Angela Pugliano

domenica 20 aprile 2008

musica è...

Anni fa lessi un articolo che riportava le parole di alcuni bambini ciechi a cui era stato chiesto cosa fosse per loro la musica. Ricordo che uno di loro disse che “la musica ti permette di vedere paesaggi indescrivibili”. Nulla di più vero.
E voi, vi siete mai chiesti: cosa è per me la musica? Per me è semplice: la musica è tutto. D’altra parte, la ritroviamo in tutto: al mattino ci alziamo e la voce della persona che ci sta accanto è musica; pensiamo ad un evento felice ed è musica; pensiamo ad un evento triste ed è musica; abbracciamo un neonato ed è musica; ascoltiamo la radio…beh, lì qualche dubbio c’è. Ecco un grave problema della musica, oggi: è stata sfrattata. La Radio è sempre stata la sua casa; ma adesso? Adesso, purtroppo, va di moda il gossip e ha successo chi la combina più grossa; e, ahimè, i dj e le redazioni tutte si sono adeguati. Ero solita trascorrere i miei giorni (e le mie notti) con il gentile sottofondo di una radio (che evito di citare) che rispecchiava quasi totalmente i miei gusti: per la maggior parte del tempo ottima musica (riuscivo persino a perdonare il passaggio di Biagio Antonacci!) e programmi divertenti, ma non idioti. Ebbene, ormai sono mesi che non ascolto più la radio. Perché?... È normale ascoltare tutte le notizie più insulse e meno “musicali” che ci siano in circolazione? Mi spiego: cosa mi può interessare dell’ultima bravata di Britney Spears (e le faccio un’immensa cortesia già solo a citarla in un articolo che parla di musica) o della Tatangelo che sul palco di Sanremo dichiara il suo amore a Gigi D’Alessio (così mi riferiscono…. da anni ho smesso di seguire quello show di bassa lega). La risposta è semplice: certo che non è normale. Non è normale perché quella non è musica. Quelle sono pagliacciate. La musica è altro: è gioia e dolore; emozione e forza; spirito libero e trascinante. La musica apre la mente, libera l’anima e incita il cuore. “Sentire” la musica permette di “vedere” le cose. Vi è mai capitato di trattenere il fiato ascoltando un brano? Sembra di fluttuare in un’altra dimensione; spazio e tempo svaniscono. Ora ditemi: quanti artisti, oggi, vi fanno sentire così? Pochi, suppongo. Di certo meno di prima: alcuni si sono persi lungo la strada; altri hanno cambiato direzione svoltando verso luci più abbaglianti. E allora? Cosa si fa? Si torna al passato e si ascolta la musica di 15 anni fa: una delle notti più belle della mia vita, l’ho vissuta due anni fa al concerto di un gruppo di cinquantenni!
In tutto questo, cosa fa l’Italia? Poco, ahimè, per il grande pubblico; ma c’è chi lavora in silenzio e raccoglie messi abbondanti. Non tutti ci avranno fatto caso, ma in due anni l’Italia ha ricevuto due grandi riconoscimenti (i più risonanti). Sto parlando, naturalmente, dell’Oscar
® alla carriera ad Ennio Morricone nel 2007 (era ora!) e dell’Oscar® di qualche settimana fa a Dario Marianelli per la colonna sonora di “Espiazione” (il tema principale è da brividi!). Naturalmente, per i più questo genere di musica è pesante e noioso. Ma i più, si sa, preferiscono i gossip ad un brano di vera musica. Allora, è “ai più” che do un consiglio: lasciate i brani “da sculettamento” per le feste universitarie. E se proprio volete un po’ di musica, spegnete le luci, aprite la finestra e fate partire il brano…

Pioppa

martedì 15 aprile 2008

racconti di strada #6

Questa nuova avventura domenicale, mia e di papà, risale a due mesi fa.
La scelta di andare a Strongoli non è stata casuale, ma mirata.
Ero molto incuriosita dal Castello pubblicizzato sulla rivista turistica provinciale. Un colpo d’occhio molto bello, come si può notare dalla prima foto. Un baluardo di notevoli dimensioni immerso nel verde delle campagne. Uno spettacolo imperdibile e da documentare per tutti gli amici di Diaframmi.
Così, carica del solito entusiasmo, siamo saliti in macchina e siamo andati.
Discutendo del più e del meno circa la storia e le origini del castello, ho notato che papà parlava di come era strutturato rispetto al resto del paese, ma lì per lì non vi ho badato, anche se iniziavano le prime perplessità: “Ma papà aveva effettivamente capito dove volevo andare?”.
Ecco perché una volta giunti a Strongoli gli ho detto che si stava sicuramente sbagliando dato che non era quello il castello che io volevo vedere. Il “mio” castello era isolato, non nel paese.
A mia volta ho insinuato dubbi in lui al punto che una volta sul posto ha chiesto in giro di quel famoso castello di cui “io” parlavo, ma nessuno a parte quello che era collocato alla fine del paese ne conosceva l’esistenza.
Così alla fine ho lasciato che papà mi portasse al “suo” di castello…. e……sorpresa delle sorprese era anche il “mio”. Possibile? Anzi, come era possibile? Proprio vero… uno “spettacolo imperdibile” (sono ironica naturalmente). Uno scempio… riduttivo direi perfino questo termine. Ero interdetta e senza parole, soprattutto per lo spettacolo deprimente che si trova innanzi all’ingresso dello stesso.
Ho iniziato a fotografare, ma la mia mente si rifiutava quasi di accettare il tutto e ostinatamente dicevo tra me “ci sarà un errore, mi sbaglio io, non avrò guardato bene le immagini”.
Ci siamo addentrati in un posto abbandonato, fatiscente, con il rischio che ci cadesse qualcosa in testa, liberamente accessibile e senza alcun controllo e le poche persone incontrate che ci indicavano la strada ci dicevano che era bellissimo, da vedere. Signori, scusate la franchezza, ma se questo è quello che deve vedere uno che viene da fuori, credo sia meglio non vedere (una parete risultava ristrutturata, una sola però, poi il nulla).
Fatte le foto siamo andati via e in macchina la discussione è ripresa al punto che papà mi aveva convinta del “mio” di errore. Non se ne veniva fuori. Così arrivata a casa mi sono fiondata a prendere quella rivista ed ecco la conferma: il “mio” castello era lo stesso che avevo appena visto. Come si può fare una cosa del genere? Vada anche che i fotomontaggi rendono belle tutte le cose brutte, ma su quali basi buttare fumo negli occhi del turista? Se io stessa vedendo quello spettacolo sono rimasta di sasso cosa penserà di noi chi viene da fuori? Credetemi, non ho parole.
Ad oggi comunque sono stati stanziati fondi per il recupero di questo posto, per una ristrutturazione e riqualificazione che dovrà durare all’incirca 6 mesi. Spero proprio che la prossima volta che andremo qui con papà potremo ammirare finalmente la rinascita di questo antico maniero, ricco di storia, e che quanto ho scritto sopra sia motivo di riflessione. Non credo sia opportuno far vedere ciò che non è, soprattutto quando la realtà è un’altra, vi pare?

Maria Angela Pugliano

martedì 8 aprile 2008

c'era una volta

Come in tutte le favole…..….. “C’era una volta un piccolo paese il cui nome era Rocca di Neto…..
Sarebbe bello raccontare del proprio paese come di una splendida favola a lieto fine in cui tutti “vissero felici e contenti”. Credo, però, che in parte sia così. Strano? Non penso, dato che tra malumori generali e malcontenti vi è una piccola ma nutrita voce fuori dal coro che vive qui sorridente e felice. Di chi parlo? Naturalmente dei piccoli, dei bambini di Rocca di Neto.
A volte lo sguardo e l’innocenza dei più piccoli sono un forte richiamo verso un mondo incantato lontano dai nostri modi reali di vedere e vivere la vita. È l’approccio al tutto che cambia e del resto è normale. Anche per noi è stato così un tempo.
Ecco perché, partendo da un’idea dei miei amici di Castrovillari, ho deciso di fare questo esperimento andando nelle scuole elementari di Rocca e chiedendo ai bimbi di disegnare il loro paese.
Ed eccoli questi disegni (naturalmente ne ho scelti alcuni).

Una cosa abbastanza singolare balza agli occhi di chi è del posto: il modo differente di riprodurre i vari luoghi.
I bimbi che vivono nella parte alta del paese hanno rappresentato la piazza o lo stradone centrale che attraversa il corso principale. Al contrario i bimbi che abitano nella parte bassa o in campagna hanno riprodotto in alcuni casi la strada che vedono dai finestrini delle auto e che porta su al paese, qualcuno la propria casa, qualcun’altro la chiesa.
Ora è pur vero che nella maggior parte dei disegni si rappresenta ciò che i bimbi hanno visto dal finestrino di un’auto. A ben pensarci il tutto è deprimente. Dovrebbero essere altre le cose che i bimbi dovrebbero disegnare, ma la scelta di farli fare a loro è proprio perché avrebbero innocentemente rappresentato il tutto senza finzioni o finti abbellimenti. Ora questo post non vuole essere motivo di dibattito su quelli che sono o meno i LORO spazi, ci sarebbe tanto da dire al riguardo, ma vuole essere semplicemente uno spazio carino da dedicare a loro, loro che un domani saranno il futuro di Rocca di Neto.

IL MIO PAESE

Piccolino è il mio paese,
sotto il cielo di turchese.
Dieci case col cortile,
qualche stalla, qualche ovile,
una baita, che si staglia
sul pendio, col tetto a paglia
che da asilo a ghiri e uccelli,
a topini e pipistrelli;
un abete gigantesco
ai cui piè si gode il fresco,
la chiesetta in mezzo al prato,
col suo piccolo sagrato
ricoperto d'erba fine
pei conigli e le galline,
con l'aguzzo campanile
pien di nidi nell'aprile,
due fontane chioccolanti
che ristorano i passanti
sotto il cielo di turchese.
Questo è tutto il mio paese.

Simpatica questa filastrocca che mi ha indirettamente suggerito un bimbo, vero? E’ questo stesso bimbo quando gli ho chiesto :”ti piace il tuo paese?” sapete cosa mi ha risposto? Mi ha detto “sì” e poi guardandomi attentamente come se la mia domanda nascondesse un tranello, facendo spallucce ha detto:”Boh…. è il mio paese”.

Maria Angela Pugliano

mercoledì 26 marzo 2008

piccole curiosità #3


Questa è una delle chiese di campagna di Rocca di Neto, la chiesa della Madonna di Setteporte.
Fin da piccola nonno mi ha sempre raccontato un’altra leggenda popolare che riguarda questo luogo.
Pare infatti che vi sia una porta segreta che conduce ad un tesoro, ma non è dato sapersi dove si trova. Questa dal nulla si aprirà soltanto quando qualcuno, di notte, riuscirà a mangiare una melagrana con una sola mano senza nemmeno far cadere un chicco a terra.
Chissà se sia vero o meno. Sta di fatto che in molti hanno tentato, fallendo, naturalmente, il superamento della prova.
Maria Angela Pugliano

martedì 18 marzo 2008

primo piano #1


Ecco la foto della classe che rappresenterà l’Italia alle prossime Olimpiadi della Scienza previste a Pechino per la fine di marzo.
Spetterà a questa stessa classe, della Scuola media Abate Fabio di Bona di Cutro (KR), rappresentare l’Italia alla competizione, che mette a confronto studenti di materie scientifiche e tecnologiche provenienti da varie parti del mondo.
Il tutto reso possibile grazie al programma di accordi con le massime autorità accademiche cinesi ed in particolare con i vertici della Bast, Beijing Association of Science and Technology, che ha invitato Crotone e le sue istituzioni scolastiche ad aderire alle Olimpiadi della Scienza (Beijing Youth Scienze Creation Competition) edizione 2008.
Per questo importante appuntamento, la scuola ha realizzato un elaborato tecnico altamente creativo dal titolo "Our Country", un plastico che riproduce fedelmente alcune eccellenze paesaggistiche di un territorio, quello della nostra Provincia, tutto da scoprire.

La foto è stata presa dal sito www.provincia.crotone.it

Maria Angela Pugliano

energie #4

“Ho iniziato a strimpellare la chitarra da adolescente. Proprio mentre scoprivo i grandi cantautori italiani. Guccini prima e i Nomadi successivamente offrirono alla mia mente orizzonti nuovi e inesplorati. Qualche anno dopo ho sentito il bisogno di scrivere, di buttare parole che avevo rinchiuse dentro. E senza che me ne accorgessi avevo iniziato a metter su qualche canzoncina. Un testo e una musica sono un binomio perfetto. Il mezzo più bello per attraversare sentieri e raggiungere destinazioni sconosciute! Che si parli di amore o di rabbia; che si denunci il malcostume o la voglia di lottare, la canzone arriva sempre al centro e sa toccare le coscienze. E’ questo che mi piace credere, e mi piacerebbe fare. Così ho coltivato i miei sogni: con la speranza e con la consapevolezza. Come un fiore che ha bisogno di acqua e terra. Scrivo, perché mi piace ascoltare; e canto perché mi piace raccontare… “
Lui è Pompilio Turtoro giovane talento crotonese, dimostrazione concreta che spesso i sogni possono diventare realtà.
In effetti scrivere una canzone e sentirla cantata e musicata dai propri idoli di sempre è un sogno che per Pompilio si è avverato. Questo, frutto soprattutto dell’apprezzabile sinergia che il gruppo instaura con i propri fans.
E’ dal 1998 che Pompilio collabora con i Nomadi ed ha avuto modo di scrivere per loro tre bellissime canzoni: Una storia da raccontare, Come un fiume e infine Buona notte ai sognatori, una canzone, quest’ultima, “che parla, anche, della mia terra. Di lampare e di pescatori, di perdenti e di sognatori. Ma è, soprattutto, un incoraggiamento a non cedere mai… ad andare sempre avanti, come il mare!”


Maria Angela Pugliano

lunedì 3 marzo 2008

interferenze #7


Per ogni donna forte, ma stanca di sembrare debole,
c’è un uomo debole e stanco di apparire forte.
Per ogni donna stanca di doversi comportare come una stupida,
c’è un uomo stufo di dover far finta di sapere tutto.
Per ogni donna stanca di essere classificata come “femmina troppo emotiva”,
c’è un uomo al quale è stato negato il diritto di piangere e di essere “delicato”.
Per ogni donna classificata come poco femminile quando gareggia in competizione,
c’è un uomo obbligato a gareggiare perché non si dubiti della sua mascolinità.
Per ogni donna stanca di essere un oggetto sessuale,
c’è un uomo preoccupato per la sua potenza sessuale.
Per ogni donna che non ha avuto accesso ad un lavoro o ad uno stipendio soddisfacente,
c’è un uomo che si deve assumere la responsabilità economica di un altro essere umano.
Per ogni donna che non conosce i meccanismi delle automobili,
c’è un uomo che non ha imparato i segreti dell’arte di cucinare.
Per ogni donna che fa un passo avanti verso la propria liberazione,
c’è un uomo che riscopre il cammino verso la libertà.


L’umanità possiede due ali: una è la donna, l’altra è l’uomo. Fino a che le due ali non saranno ugualmente sviluppate, l’umanità non potrà volare.

B. Boutros Ghali

venerdì 22 febbraio 2008

dietro l'angolo #3

SOLUZIONE VICINA?

Inerzia. Ecco la parola che ben definisce il negligente operato delle autorità competenti che finora non sono stati in grado di attuare interventi concreti di messa in sicurezza d’emergenza, bonifica e ripristino ambientale dell’ex area industriale della Pertusola.
Ormai nessuno fa più caso ai ritardi amministrativi e burocratici, alle omissioni o ai continui silenzi. Ma ad oggi ciò che desta maggiore preoccupazione è la persistenza, da anni, di una drammatica crisi ambientale, arrivata a livelli allarmanti e che non è più solo circoscritta al sito in sé, ma si è estesa a gran parte del sistema territoriale ad esso collegato.
Il quadro completo? Ai ben noti tassi di tumoralità, che sono, in modo esasperante, sempre più alti, si aggiungono nuove patologie attribuibili ai soliti agenti inquinanti. Tonnellate di metalli pesanti e di amianto continuano incessantemente ad avvelenare terra, acqua e aria: lo stesso sito antistante l’area industriale continua in modo alquanto superficiale a non essere recintato o comunque inibito al pascolo di greggi che, proprio con la produzione di latte e derivati, finiscono con l’introdurre nella catena alimentare fattori di rischio per la salute pubblica; si attesta nei fondali marini della zona una presenza di quei metalli che va oltre ogni limite; in più la fabbrica chiusa da anni è come se fosse una discarica all’area aperta dato che dentro e fuori la stessa si trova di tutto.

Tra Conferenze di Servizi valse a nulla, tra Accordi di Programma Quadro per la realizzazione di ambiziosi progetti, tra ping pong continui ai vertici circa la responsabilità dei ritardi, tra rescissione di contratto con l’associazione di imprese che si sarebbe dovuta occupare dell’ex Pertusola, SEMBREREBBE che a breve vi sia la tanto sospirata svolta per il risanamento e che si sia giunti alla fine di una vicenda che tiene banco ormai da tempo immemorabile.
Ma è davvero auspicabile una risoluzione? In molti alberga la rassegnazione, nessuna aspettativa per quella che è definita “la speranza della svolta economica” crotonese, circa un nuovo protagonismo sociale che porterà a riprogrammare lo sviluppo e che partirà proprio dal risanamento della terra, data la possibilità di valorizzare il patrimonio ambientale, paesaggistico e archeologico di quest’area. E sì perché nove anni di inconcludente commissariamento hanno solo paralizzato iter decisionali, amministrativi e altro ancora.
Ora ci si chiede: ma sarà veramente così? Che dire…….“l’ardua sentenza ai posteri”.

Maria Angela Pugliano

venerdì 15 febbraio 2008

dimensione natura #3

Ottimo esempio di organizzazione e di funzionalità, l’Area Marina Protetta di Capo Rizzuto è il fiore all’occhiello del turismo provinciale.
Luogo dal fascino suggestivo in cui si mescolano sapientemente storia e natura, occupa una superficie di circa 15mila ettari di mare, che ne fa la maggiore d’Italia per ampiezza. Si estende nel tratto costiero a sud di Crotone per 36 km, tra Capo Donato e Barco Vercillo, e per una profondità di 100 metri verso il mare aperto.Dal punto di vista storico sono numerose le testimonianze sulla sua costa: dalla colonna dorica del tempio di Hera Lacina a Capo Colonna, databile intorno al VI secolo a.C., a Capo Cimiti, dove sono state individuate le strutture di una grande villa d’età imperiale, dotata di bellissimi pavimenti marmorei o a mosaico e di un impianto termale, per poi proseguire fino all’isolotto di Le Castella, che deve il suo fascino suggestivo all’imponente Castello Aragonese. Inoltre a partire dal XV secolo, come difesa per le incursioni turche, vengono costruite numerose torri che ancora oggi spiccano nel panorama costiero (Torre Vecchia a Capo Rizzato, Torre del Martello di Nao a Capo Colonna, Torre di Scifo a Capo Pellegrino, Torre Nuova a Capo Rizzuto).

Dal punto di vista naturalistico, invece, al suo interno sono state individuate tre zone: una di Riserva Integrale (A), una di Riserva Generale (B), una di Riserva Parziale (C), in cui sono regolate le modalità di balneazione, di pesca, ormeggio, ancoraggio, immersioni subacquee e navigazione.
Tutti i visitatori hanno la possibilità di “immergersi” nel favoloso mondo dei fondali dell'Area Marina Protetta ed osservare la flora, la fauna, i loro colori, le loro abitudini e scoprire alcune curiosità sulla loro preziosa vita all’Aquarium di Capo Rizzuto.

La struttura è composta da 22 vasche dalla capienza totale di 20.000 lt circa nelle quali sono stati ricreati, nel pieno rispetto degli organismi presenti, gli habitat marini. Nell’acquario, esiste anche un laboratorio didattico dedicato ai bambini, per diffondere la conoscenza della biologia e dell’ecologia del mare. La struttura è altresì dotata di una sala multimediale con uno schermo gigante per la visione di filmati inerenti il mare ed i vari aspetti dell’aquarium. Da rilevare, ancora la presenza di una vasca tattile, nella quale poter “toccare” con mano gli abitanti del mare. L’Aquarium è un Centro di Educazione all’Ambiente Marino studiato per essere il fulcro di una intensa attività educativa indirizzata soprattutto ai giovani. Esiste infatti una collaborazione fattiva con le scuole locali, per migliorare il processo culturale mirato ad una maggiore tutela dell’ambiente.
Inoltre, per i più, è possibile ammirare gli stessi fondali dell’A.M.P., dal vivo, anche a bordo di una motonave dal fondo trasparente. Queste escursioni sono ormai divenute una delle attrazioni principali della zona.
L’ultima annotazione da fare riguarda Calypso, la rivista ufficiale dell’Area marina protetta. Nata nell’estate 2002, stampata su carta derivata da alghe marine, è la prima rivista in Italia riguardante un’area marina. Il periodico, distribuito in tutte le scuole della regione Calabria, presente su tutto il territorio nazionale, inviato alle altre aree protette italiane, si fa portavoce di un mare ricco di curiosità scientifiche e culturali.

(le foto sono state prese dal sito della riserva marina www.riservamarinacaporizzuto.it)

Maria Angela Pugliano

lunedì 11 febbraio 2008

tutti a tavola #1

TUTTI A TAVOLA

Le tipicità enogastronomiche sono, senza ombra di dubbio, la punta di diamante dell’economia crotonese.
Da anni ormai vi è un costante e attivo impegno da parte dell’amministrazione provinciale nella valorizzazione di questo giacimento di sapori, con un’azione atta ad individuare un Paniere di prodotti tipici, originali, puntando all’identità del gusto territoriale, all’unicità degli stessi prodotti locali, alla tracciabilità, visibilità e riconoscibilità delle nostre produzioni.
Anche l’ultimo progetto denominato “Food Experience” nasce con l’intento di far conoscere, “al di là dei nostri confini”, i prodotti crotonesi, dando vita quasi ad una sorta di vera e propria “fabbrica del gusto pitagorico” con in programma numerose idee che vanno dal packaging, al marketing, fino all’allestimento di una vetrina permanente nella Capitale (per chiunque fosse interessato si svolgerà a Roma dal 13 al 20 febbraio la “Prima settimana della cucina pitagorica crotonese”, ospitata dal ristorante “Alla taverna dei quaranta”).
E sulla scia di questa nuova iniziativa, nel nostro piccolo, anche noi vogliamo far conoscere a voi, amici della rete, le nostre specialità, partendo dal Pecorino.

Formaggio crudo a pasta dura, semicotta, vanta la denominazione di origine controllata. Deve la sua tipicità al latte proveniente da pecore di razza Gentile allevate nel pascolo estensivo e naturale del Marchesato di Crotone. L’apice e la sua diffusione si registrano fin dal periodo del Regno Borbonico, quando il formaggio fresco iniziò ad essere stagionato per poter giungere sul mercato di Napoli dove era molto apprezzato.
La stagionatura dura mediamente da tre mesi a un anno. È riconoscibile dalla crosta giallo paglierino e dai caratteristici segni del canestro. Con il tempo il colore diventa più scuro.
Pasta compatta, qualche volta con leggera occhiatura, bianca nel formaggio fresco, propone diverse alternative, da quello fresco-stagionato, a quello pepato o, ancora, a quello bianco con “nduja”.
Il sapore è armonico quanto delicato. Col tempo diviene sempre più sapido e piccante. Frequente l'uso come ingrediente di varie preparazioni culinarie. Del tutto normale l'impiego come formaggio da grattugiare.

Maria Angela Pugliano

mercoledì 6 febbraio 2008

eppur si muove #2 - luoghi di confine #3

Mi sembra doveroso dare a questo nuovo post due dei titoli che hanno contraddistinto alcune precedenti rubriche del blog. Quasi un volere sottolineare in positivo alcuni cambiamenti attuati per quello che potrebbe essere definito il nostro nuovo “luogo di confine”, uno spazio prima abbandonato e ora, in parte, riqualificato.
Ricordate il primo post che ha dato avvio a "diaframmi-crotone"? Era incentrato sul mio paese, Rocca di Neto.
Vi prego di soffermarvi tra le vecchie foto su di una in particolare, quella riguardante un tratto di cinta muraria a due arcate.
Lì sorgeva quella che noi comunemente chiamiamo la “Rocca vecchia”, prima che venisse distrutta dal terremoto. Le uniche tracce visibili, all’indomani di quello stesso terremoto che ha raso al suolo un po’ tutto, sono quelle mura e la Chiesa Matrice raffigurata in un'altra foto sempre giù in basso. Ed è qui, in questo stesso posto, che sono dislocate le varie grotte. E sì, perché Rocca, al pari di Casabona e di altri centri del crotonese, possiede queste rudimentali strutture un tempo adibite ad abitazioni. Anch’esse, al pari di molte altre cose, non hanno mai goduto di molta considerazione.
Ecco perché a distanza di mesi, da quando sono stata lì la prima volta, non può fare altro che piacere, vedere e fare vedere a tutti voi l’inizio di un lavoro volto a valorizzarle.
Nelle foto fatte mesi addietro la situazione non era delle migliori, ma ad oggi sono stati costruiti dei sentieri, delle passerelle in legno ampiamente illuminate, per renderne maggiormente fruibile la visione.
Nulla da eccepire, ovvio, però a dirla tutta è inevitabile porsi alcune questioni:
- Ora è pur vero che i finanziamenti spesi riguardano solo una parte del progetto, ma perché inaugurare il tutto per poi richiudere il cancello, mancando ancora la messa in sicurezza della parte alta del tracciato e, soprattutto, chi possa accompagnare i visitatori e “raccontare” loro delle grotte?
- Perché in altri tratti messi a nuovo, e perfino recintati, continuano a pascolarvi le pecore?
- Perché non stimolare la fantasia dei visitatori, anche in termini di attrattiva, attraverso una sorta di riproduzione fedele delle vecchie abitazioni e degli antichi mestieri in alcune di queste stesse grotte, senza che si rimanga perplessi dinnanzi a strutture vuote da guardare semplicemente da lontano?

Maria Angela Pugliano

venerdì 1 febbraio 2008

interferenze #6


Giangùrgolo

Oggi quando si parla di maschere si pensa in primo luogo al Carnevale e qualche volta ai burattini. Tra la seconda metà del Cinquecento e soprattutto nel Seicento, epoca della “Commedia dell’Arte”, le maschere dominavano i palcoscenici dei teatri. In quel periodo il teatro si poneva al centro della vita sociale e culturale e le maschere rappresentavano o una determinata classe sociale o una regione d’Italia; si pensi a Pulcinella, Pantalone, Colombina, Balanzone, Arlecchino. Tra queste maschere divenne famosa in quel periodo anche quella rappresentativa della Calabria, Giangùrgolo, tenuta in grande considerazione al punto da essere rappresentata nei teatri di tutta Italia. La caratteristica principale che lo ha reso famoso e che lo distingue dalle altre maschere, è insita nel nome stesso; la fame, l’ingordigia, l’avidità insaziabile di cibo. Infatti, Giangùrgolo dal punto di vista etimologico vuol dire “Gianni-Golapiena” o “Gianni-Ingordo”; per soddisfare questa avidità è disposto a tutto, a fare diversi mestieri, ad arraffare e persino a rubare quando gli capita la buona occasione.Secondo molti studiosi, la maschera di Giangùrgolo rappresentava una parodia dei vari signorotti che avevano spadroneggiato in Calabria. E’ nata dal desiderio di mettere in ridicolo questi signorotti stravaganti, millantatori e vanagloriosi che nel voler imitare gli atteggiamenti degli ufficiali spagnoli, cadevano spesso nel ridicolo. Infatti, dal suo comportamento e dal suo modo di parlare, Giangùrgolo appare un nobile principe ricco, spavaldo, che incute timore e rispetto, mentre nella realtà è tutto il contrario; vanaglorioso e fifone che cerca in tutti i modi di defilarsi e svignarsela davanti all’avversario temerario. Giangùrgolo è anche un galante corteggiatore capace di rivolgersi con toni languidi dinanzi ad una bella fanciulla; tuttavia nel ruolo di corteggiatore cade spesso nel ridicolo, col risultato di venire deriso e schernito dalle donne corteggiate, a causa della voce stridula e del suo aspetto fisico sgraziato oltre che del naso lungo e grosso.Giangùrgolo porta sul volto una mascherina rossa con un nasone di cartone, in testa un alto cappello a forma di cono, di colore rosso, con una fascia rossa e gialla; il suo abbigliamento era costituito da una camicia bianca molto larga e senza colletto, un collettone bianco alla spagnola tutto pieghettato, un corpetto rosso e un giubbone a righe gialle e rosse con polsini bianchi merlettati, un larghissimo pantalone a strisce rosse e gialle allacciate sotto le ginocchia, scarpe di vernice nera con fibbia, cinturone e un lungo spadone con bandoliera.Purtroppo la maschera di Giangùrgolo oggi rimane solo un ricordo presente in qualche ricerca scolastica o in rarissime rappresentazioni teatrali. Dovrebbe a mio parere avere maggior spazio e maggiore considerazione non solo a livello locale ma anche a livello nazionale.

Pino Amoruso